Il Covid non frena la voglia di esserci
Turni e delegazioni, ma davanti alla stele passano tutti, dalle istituzioni ai semplici cittadini
Non più di cento persone in piazza, nessun bagno di folla, ma le misure per frenare il Covid non hanno frenato la voglia dei bresciani di ricordare il loro giorno più buio.
La piazza è diversa. Più calma, meno affollata, più ordinata. Le delegazioni entrano una alla volta, tre o quattro persone ognuna. Don Fabio Corazzina ricorda chi entra, riprende la memoria di allora e la attualizza. Piazza Loggia 2020 è anniversario molto particolare della strage del 28 maggio 1974.
Qualche colpevole (non tutti) oggi c’è anche sul piano giudiziario ma non è sempre stato così e, anzi, si è dovuto aspettare più di quarant’anni. Ancor più, la piazza è la prima nell’epoca del Covid che obbliga al distanziamento fisico, alle mascherine, a non avere troppe persone vicine. E tutto questo bisticcia con l’idea di
"Manlio Milani La piazza è bella anche oggi. Non è mai sola. C’è una sua ritualità che sottolinea che quella bomba ha davvero colpito tutti
"Del Bono In questa situazione la città sa essere composta e sa dare il segno di una civitas. La libertà oggi più che mai è nella democrazia
piazza, condivisione, partecipazione, con tutto quello che insomma ha sempre fatto di piazza Loggia non solo quella della strage ma ancor più quella delle manifestazioni, del mercato, dell’incontro, dello stare insieme.
«A me la piazza sembra molto bella anche oggi — dice Manlio Milani —. La piazza non è mai sola. C’è una sua ritualità che sottolinea che quella bomba ha davvero colpito tutti. È lo spirito che ci ha guidato in questi anni, la volontà di esserci, l’idea ancora più forte oggi della necessità di camminare insieme. Senza dimenticare il passato ma il desiderio, quasi la necessità, di ricominciare».
Qualcuno lamenta che forse la piazza avrebbe dovuto essere più ordinata, che insomma le cento persone previste come limite massimo sono un po’di più. Tante di più, forse, ma ciò non toglie che tutto sia comunque ordinato nella sostanza. Marco Fenaroli oggi è assessore ma le piazze le conosce e talvolta le gestisce (non ce ne voglia il questore) da quando è in fasce: «Va bene così, non si poteva fare diversamente. L’alternativa sarebbe stata una piazza disordinata». Proprio così.
Le forze dell’ordine controllano a distanza, uomini e donne del sindacato con le fascette al braccio di Cgil-CislUil gestiscono il fluire delle delegazioni. E così capita, in questa piazza particolare, ordinata ma non troppo, che le delegazioni di Forza Italia e di Diritti per tutti siano l’una a pochi passi dall’altro. Non solo loro. La piazza è eterogenea come praticamente nessuna altra occasione. Ci sono le Acli, gli edili, la scuola, i metalmeccanici e le tante categorie di lavoratori organizzati nel sindacato, gli studenti dei collettivi, l’Anpi, il Pd, la Val Camonica, Non Una di Meno e il centro sociale XXVIII maggio che prende il nome proprio dalla strage di allora.
E poi, sì, arriva anche Franco Castrezzati, con la sua voce immortalata dalla registrazio
ne dello scoppio. Lui, il 28 maggio 1974, al termine di una manifestazione antifascista sta parlando dal palco, lo scoppio e il fumo lo vede salire.
Non ne ha mai persa una di commemorazione e c’è anche questa volta, covid o meno. In mascherina e carrozzina, accompagnato da due persone. Porta i fiori anche lui, si ferma, omaggia Cesare Trebeschi perché è la prima volta che il 28 maggio in piazza non sono insieme. Per Franco, e per Cesare, gli applausi sono tanti.
Sono le dieci e qualche minuto, in piazza passa la delegazione istituzionale. Quasi un assembramento per i numeri, ma la distanza tra uno e l’altro è garantita. Ci sono il sindaco, il prefetto, il questore, il vescovo, i carabinieri, la Guardia di Finanza, le università, il presidente della Provincia e tanti altri che dimentichiamo. Sfilano in piazza, in silenzio, fino alla stele oramai sommersa dalle corone di fiori. Sono le 10,12 (l’ora in cui la bomba è esplosa dentro il cestino sotto il porticato) ed è tempo dei rintocchi in memoria delle otto vittime. La piazza si silenzia, come sempre da 46 anni a questa parte. Si riprende, passa qualche minuto e c’è spazio per le campane di tutta la città di tutte le comunità cristiane. La richiesta al vescovo era arrivata da alcuni presidenti dei consigli di quartiere, è stata accolta dalla diocesi.
Arrivano altre delegazioni, anche di singoli cittadini. Una è fatta solo da una mamma e due bimbe, che avranno dieci anni, forse nemmeno. Sono le 10,45 e qualcuno si sposta in Loggia, nel Salone Vanvitelliano, dove in streaming sono collegati la segretaria nazionale della Cisl Annamaria Furlan, la studentessa del liceo Arnaldo Chiara Zanelli e Giovanni Bachelet, il figlio di Vittorio, ucciso dalla Brigate Rosse nel 1980. Anno tragico quello, come è stato ricordato ieri, anno della strage alla stazione di Bologna e di Ustica.