«La mia Odissea per tornare a casa»
Gente isterica, strusciamenti promiscui in corridoio — «L’aereo è decollato dopo 4 ore: nell’attesa chiacchieravano tutti senza mascherina» — e nemmeno uno shottino di vodka servito dalle hostess: la sua «cattività» sovietica è finita venerdì scorso, alla fine di un viaggio di 12 ore (inclusi i check-in). Sono gli effetti collaterali del coronavirus: Giovanni Forbice, designer orceano, è stato liberato da Mosca dopo 70 giorni, centinaia di telefonate all’ambasciata italiana e diversi voli cancellati un minuto prima dell’imbarco e mai rimborsati dalle compagnie: ha speso migliaia di euro e non ha ancora visto un centesimo. L’incipit della sua storia: è arrivato in Russia l’8 marzo per restarci «una sola settimana, per lavoro», dice. Poi l’Italia ha chiuso i confini e il rientro a casa è diventato surreale: «Mi sono sentito abbandonato dalle nostre istituzioni. All’inizio, l’ambasciata rispondeva con un messaggio registrato. Dopo ha attivato 4 numeri speciali, ma prendere la linea era impossibile. Infine mi ha contattato su Facebook». Il primo volo per l’Italia, sold out in 20 minuti, «è stato annullato». Per il secondo ha speso un patrimonio: «700 euro. Di solito costa 120». A Malpensa gli hanno solo misurato la febbre: «Avevo fatto il tampone alle 5 di mattina in una clinica di Mosca. L’esito mi è arrivato in mezz’ora: negativo. Ma in Italia nessuno me lo ha chiesto». (a.tr.)