Resta aperta l’inchiesta bis sui presunti esecutori
Il lockdown ha «congelato» anche l’inchiesta bis sulla strage di piazza loggia. Quella che si concentra sulla «pista veronese» e sui presunti esecutori materiali dell’attentato del 28 maggio 1974. Quella che, sdoppiandosi sui binari della procura minorile e ordinaria (titolari del fascicolo il procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e il sostituto Cati Bressanelli), vede due persone iscritte nel registro degli indagati. E che avrebbe dovuto inevitabilmente chiudersi — presumibilmente con una richiesta di rinvio a giudizio — proprio nelle scorse settimane. Invece no. Perché a causa della sospensione delle attività nei Palazzi di giustizia, Brescia compresa, per evitare il rischio contagi da Covid, quindi la conseguente sospensione dei termini (anche per le indagini), la notifica della chiusura indagini slitta inevitabilmente dopo la pausa estiva. In settembre.
Si è cercato di non trascurare nulla. Sono stati sentiti testimoni, acquisite immagini, prodotti documenti, al fine di ricostruire i legami tra le persone coinvolte. I faldoni contano migliaia di pagine. E due nomi (indagati): Roberto Zorzi, 65 anni, una vita a Verona prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove ancora abita, titolare di un allevamento di dobermann Snohomish, a Washington. E Marco Toffaloni, che all’epoca della bomba in piazza aveva solo 17 anni: «Ho avuto un ruolo tutt’altro che marginale nella strage bresciana» avrebbe confidato lui stesso all’amico Gianpaolo Stimamiglio (collaboratore di giustizia padovano, ma cresciuto pure lui a Verona). Per gli inquirenti si conoscevano eccome, accomunati da una serie di frequentazioni tra i movimenti di estrema destra: stesse ideologie, stessi giri, stessi amici, stessi luoghi. Zorzi, negli anni Settanta, avrebbe aderito ad «Anno Zero», vicina a Ordine Nuovo, il cui leader nel Triveneto era Carlo Maria Maggi — già condannato all’ergastolo per la Strage, così come l’ex informatore del Sid Maurizio Tramonte, e scomparso nel dicembre 2018. Marco Toffaloni, invece, pare da ragazzo andasse nello stesso poligono di tiro nel quale di esercitava l’ex ordinovista veneziano esperto di esplosivi e armi, Carlo Digilio. Sarebbe stato proprio lui a procurare la gelignite esplosa in piazza della Loggia, il 28 maggio di 46 anni fa.