La buona musica Noa, uno «Smile» per aiutare la città
La modellista Tovini e i suoi abiti dai «colori perduti» tinti con fiori e vegetali
Tingere con la natura, sinonimo di storia e tecniche dell’arte tintoria dei tessuti, è un sapere sostanzialmente antico quanto, oggi, a conoscenza di pochi. Ovviamente con le dovute eccezione: fra queste, una riconosciuta eccellenza, Maria Antonietta (per tutti Miretta) Tovini, nata a Milano ma lombi saldamente e storicamente camuni. Laurea a Parma, esperta in modellistica storica e ricostruzione filologica dell’abito e del costume, è da sempre molto attiva nell’insegnamento: ieri all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, oggi all’Accademia Albertina di Torino con passaggi a Genova e Firenze; per vent’anni ha condiviso con due soci la gestione, a Milano, dello Studio Ossessione (scenografie e costumi per il teatro). Studia e sperimenta con grande passione le tinture naturali (tratte da piante anche spontanee, fiori e frutti) al fine di riprodurre i colori «antichi», sostanzialmente persi, di fibre quali seta, lino, canapa, ortiche e bambù, new entry in Italia. Filosofia di fondo il tentativo di ricreare «sfumature e toni intermedi di colore che costituiscono il fascino del tutto particolare dei tessuti tinti con i colori naturali e danno loro un aspetto che non è possibile imitare con i colori sintetici». E oggi anche il mondo del fashion comincia a guardare con un certo interesse a tecniche in buona parte desuete e quindi da rendere compatibili con la realtà attuale ma non prive di applicazioni su scala accettabilmente produttiva. E, ovviamente, economica.
Da una decina d’anni Miretta è anche parte attiva del progetto Piante tintorie (ricerca e produzione erboristica) in capo all’Università della Montagna di Edolo, sostenuto dalla sua direttrice Anna Giorgi. In questo ambito un rilievo particolare
Oro antico
La docente sta facendo una ricerca sull’uso dello zafferano con l’Università di Edolo
è riservato allo zafferano, oggetto di ricerche approfondite allo scopo di favorirne la coltivazione soprattutto in Valcamonica e Valtellina del quale, a scopo tintorio, vengono utilizzati gli stigmi (gli stessi che colorano l’inconfondibile risotto giallo) che trasmettono per l’appunto un colore giallo oro molto regale ai fiori che danno invece colore verde con riflessi blu e grigi. Nel suo continuo «paciugare» (simpatico copyright dell’interessata), un posto di rilievo spetta ai petali dell’iris o giaggiolo, in particolare della varietà germanica (colore verde/azzurro). Ma non mancano prove con il papavero, la rosa canina, i mirtilli per una volta sottratti alla panna montata e le ortiche. E, omaggio alla fascinosa tradizione giapponese, il succo dei cachi acerbi che restituiscono ammalianti colori dal beige al bruno rossiccio.