La crisi dei piccoli agricoltori delle valli, dove il lockdown ha fatto lievitare l’invenduto
«L’e-commerce non si è rivelata un’alternativa sostenibile»
essere pensanti le ricadute dell’emergenza sanitaria sui bilanci economici del 2020 per il settore agrosilvo-pastorale, ciò emerge dagli ultimi dati Istat sull’andamento dell’economia agricola.
Ed è specialmente nelle valli bresciane che si percepiscono gli effetti più negativi della pandemia, dove aziende e piccoli imprenditori ora hanno l’estrema necessità di commercializzare l’invenduto. «Per questo è stato siglato il nuovo accordo tra Ubi Banca e la Comunità montana di Vallecamonica, vogliamo rinforzare il comparto agricolo del territorio montano — spiega il presidente della Comunità montana Alessandro Bonomelli —: 4 milioni di euro il plafond finanziato per sostenere l’agricoltura camuna e le aziende agricole del territorio».
La vendita diretta delle imprese agricole camune è crollata in modo drastico e lo scambio del prodotto tramite piattaforma e-commerce non attrae il mercato. «Il vero problema sono le rimanenze — racconta Enrico della Noce, neo Assessore all’agricoltura in Comunità Montana —: i coltivatori attualmente si ritrovano con i magazzini pieni di prodotti che rischiano il deperimento». Se il commercio online del prodotto agricolo non è perseguibile, la Comunita montana con il Consorzio comuni Bim ha promosso la distribuzione diretta del prodotto locale sul territoSembrano rio attraverso un albo fornitori delle aziende agricole. «L’obbiettivo è consentire la distribuzione del prodotto d’eccellenza rimasto invenduto e dare liquidità alle imprese — spiega Christian Farisè, ex assessore all’Agricoltura della Comunità montana —. Abbiamo messo a disposizione 50 mila euro per le aziende agricole valligiane che forniranno ai Comuni i prodotti che andranno distribuiti a 700 nuclei famigliari della valle».
Una sinergia tra Comuni e oltre mille aziende agricole presenti in valle che, attraverso l’aiuto della rete solidale della Comunità montana, darà sostegno ai privati cittadini toccati dalla crisi. «In questo periodo gli enti territoriali hanno offerto maggiore aiuto alle aziende agroalimentari con contributi più incisivi, immediati e concreti rispetto alle misure governative — racconta Paolo Conti, direttore e amministratore della Confederazione italiana agricoltori, la Cia, di Brescia —: sono state 7.500 le domande evase da parte delle imprese agricole bresciane mentre per quanto concerne la cambiale agraria a tasso zero dell’Ismea promossa dal governo con 35 milioni di euro, solo un milione di euro è stato indirizzato a Brescia con l’approvazione di sole 15 domande per le quali verranno erogati i relativi contributi a fondo perduto. Pochissime sono le istanze di contributo se si considera che il 10-15 % delle aziende del settore agricolo in provincia di Brescia e nelle valli rischiano la chiusura».
Le iniziative governative sembrano tendere una mano al settore agricolo, che tuttavia non sembrerebbe in grado di recepire correttamente questi aiuti nell’inoltrare l’istruttoria di contributo. «Il rischio è che la filiera delle piccole e medie aziende agricole del territorio provinciale possa chiudere i battenti andando in tal modo a sopprimere un’economia locale di vitale importanza» conclude Conti.
La crisi economica in arrivo, innescata dall’emergenza sanitaria globale, sembra abbattersi sulla ricercata e stimata filiera del prodotto locale tipico d’eccellenza, frutto di passione e tradizione del territorio bresciano mentre gli imprenditori agricoli non hanno modo e tempo di richiedere i contributi governativi.
L’intervento
Ubi Banca ha creato una linea di credito dedicata per sostenere il comparto camuno