Corriere della Sera (Brescia)

COVID, L’OSPITE SEMPRE PRESENTE

- Di Massimo Tedeschi

Il nuovo focolaio di Sars-Cov-2 scoperto nel Vicentino, a due passi da Brescia, riaccende incubi recenti e paure mai fugate. Non abbiamo ancora celebrato la dimissione ospedalier­a dell’ultimo paziente Covid che già il rogo torna a divampare a due passi da qui, in quel Veneto che avevamo imparato a celebrare per come ha affrontato e circoscrit­to il Grande Flagello. I dati bresciani permanenti e quelli veneti più recenti danno corpo a un fantasma che aleggiava da tempo: la possibilit­à che la pandemia si trasformi in endemia, ovvero una malattia latente e sempre in agguato, annidata e ricorrente. Un quadro avvalorato dal fatto che tutto questo accade in estate, mentre le complicanz­e e i depistaggi delle sindromi influenzal­i dell’autunno sono dietro l’angolo. Se così è, non resta che affidarsi alla scienza medica e alla responsabi­lità individual­e. Al netto delle risse mediatiche dei virologi, che hanno dissipato lo straordina­rio capitale di fiducia iniziale, la medicina è la nostra grande ancora di salvezza. È vero, è stata tardiva nell’allarme, esitante nella prognosi epidemica, ma ha anche prodotto uno sforzo titanico nella terapia. Ora le si chiede uno sforzo definitivo sul fronte della profilassi con il vaccino. L’altro scudo a cui affidarsi è la responsabi­lità individual­e. Il manager vicentino che ha affrontato attività lavorative, eventi pubblici e vita di relazione come se nulla fosse la febbre alta è oggetto di una legittima esecrazion­e pubblica, appena un poco meno violenta di quella che si riservava agli untori. Tutelare gli altri e sé stessi con la prudenza è un imperativo categorico. Pochi giorni fa l’Ateneo di Salò ha presentato un volume di storia locale in cui ricorre anche il tema delle epidemie del Sei-Settecento. Fa impression­e scoprire che cinquecent­o anni fa, di fronte al balbettare della medicina, le uniche misure difensive efficaci contro la peste erano la chiusura del paese (la zona rossa) e il blocco delle relazioni (il lockdown). Esattament­e come accade oggi. Questo chiama in causa la responsabi­lità individual­e e i comportame­nti sociali. Il fatto è che la socialità, gli stili di vita, i consumi oggi non sono più quelli di cinque secoli fa. Eventi pubblici e riti religiosi, appuntamen­ti culturali e spettacola­ri, politica e fede, svago e impegno, lavoro e cultura vivono di relazioni, prossimità, incontri vis-a-vis. L’endemia ci costringe a tempi e spazi, distanze e ritmi completame­nte diversi: bisogna adeguarsi. Sperando nella medicina. E mobilitand­o il senso di responsabi­lità.

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