Le limonaie che ispiravano D.H. Lawrence
Il viaggio Tra i ruderi a Muslone lo scrittore creò «Figli e amanti»
«Intanto le rose di Natale si moltiplicano. Crescono dai loro boccioli umili e intatti presso il terreno.... all’ombra delle rocce, presso i ruscelli, splendono di una intrepida e misteriosa bianchezza, sembrano quasi un miracolo. Sono bianche e sono fiori di tenebra: un miracolo incredibile».
Nell’autunno 1912 approda sul lago di Garda lo scrittore inglese David Herbert Lawrence, con la compagna Frieda von Richthofen, musa e futura moglie dell’autore di «L’amante di Lady Chatterly». A Villa di Gargnano la coppia prende in affitto un appartamento a Villa Igea. Una sensuale trasfigurazione accomuna paesaggio, ambiente umano e aspetti della natura nello sguardo dello scrittore. Della vita botanica che d’inverno appare nell’entroterra, Lawrence coglie l’essenza con acuta attenzione, suggerendo nel contempo un’eco vitale e animata. Intuisce il mistero che ellebori e bucaneve, piante relitte dell’epoca glaciale, portano con sé. «Sono bellissimi questi primi germogli, grossi, freddi, puri, come violette, come magnolie, ma gelidi, illuminati dalla luce della neve...». Leggiamo le pagine di diario, ambientate a Villa di Gargnano e a San Gaudenzio, in «Crepuscolo in Italia» (Twilight in Italy, 1916) che appartiene alla raccolta «Libri di viaggio e pagine di paese», in cui la linfa narrativa e l’accesa sensibilità di Lawrence rivestono la realtà di una visione mitologica.
Un incisivo rilievo assume l’esperienza del lago di Garda nell’inquieta biografia dello scrittore inglese e nel percorso esistenziale alla ricerca di sé e di un ideale di libertà, da rappresentare un vero e proprio itinerario di formazione. Nel libro autobiografico «Mister Noon», scritto a Taormina tra il 1920 e 1921, e avventurosamente ritrovato, troviamo espresse le ragioni che tra fatalità e progetto portarono Lawrence e Frieda sul Garda.
Dopo un lungo viaggio a piedi dalla Baviera, spediti i bagagli per ferrovia alla frontiera austriaca, la coppia decide di valicare a piedi le Alpi e « partire alla conquista del sud». Un abito di cotonina e un vecchio panama con nastro rosa Frieda, un rametto di azzurra cicoria all’occhiello lui, ai primi di agosto del 1912 sono sulla strada verso l’Austria. Tredici sterline è tutto ciò che possiedono. Li attendono la pioggia e le notti da trascorrere nei fienili, «andiamo in Italia!» esclama Johanna-Frieda a contadini e carrettieri lungo il tragitto. Traumatico l’arrivo a Trento, che agli occhi dei due viaggiatori venuti dal nord appare sporca e svogliata. Alla stazione, per caso, il Garda si fa scegliere come meta grazie a un manifesto invitante.
«E là il lago scintillava al sole…tutto sembrava così lussureggiante, quasi tropicale..».
Nel contatto con la solarità del paesaggio lacustre lo scrittore avverte la sua rinascita, lo sgorgare della sensualità attraverso la metamorfosi di uomo che, lasciato dietro di sé il vecchio mondo del giogo cristiano e quello nuovo, spaventoso, della rivoluzione industriale, alimenta il diario gardesano intorno al dualismo luce-tenebre, spirito-sensi.
Dopo Pasqua la coppia si trasferisce a piedi a San Gaudenzio, lungo un sentiero che sale verso Muslone. Ospite della famiglia Cappelli che viveva di agricoltura e gestiva un’osteria con annessa cucina per occasionali avventori.
«Sotto la casa, dove la terra scoscende in ripidi declivi fino alla rupe, c’è in abbandono, il giardino di limoni del piccolo podere, proprio sotto». La limonaia, già allora in decadenza, morti i limoni di malattia e divenuta con il tempo rifugio di viti e ulivi. «Io usavo sedermi a scrivere nel grande solaio della serra dei limoni, il solaio in alto, lontano, lontano dalla terra, spalancato davanti sul lago e sulla neve della montagna dirimpetto che arrossiva al crepuscolo».
Nel casello-solaio, ancora oggi sospeso tra assi, pietre, sole e vento, nell’aria delle rovine, di fronte al sublime paesaggio sporgente sul lago e la visione del Baldo, lo scrittore si rifugiava a ultimare il suo romanzo «Figli e amanti», pubblicato poi maggio di quell’anno 1913.
L’altera magnificenza della limonaia nella spoglia nudità di travi e pilastri ispira a Lawrence un’immagine mitizzante: «..ruderi di antichi templi…sembrano rovine di qualche grande razza che una volta avesse adorato qui i suoi dei».