Le case di riposo a rischio default «Vanno riaperte»
L’appello per avere regole d’accesso più snelle
Sono decine i firmatari del network «Connettere salute» che hanno scritto all’assessore regionale Giulio Gallera. Chiedono modifiche alla delibera sulle Rsa. La procedura, oggi, è giudicata troppo limitante. E rischia di ritardare l’ingresso di persone che hanno bisogno di essere accolte. «Le Rsa sono attrezzate per prevenire e gestire il rischio, cambiate alcune regole».
Mille e 300 sono i posti liberi nelle case di riposo di Brescia e provincia. Si tratta, in media, di 15 letti vuoti per ognuna delle 86 strutture. Significa che il sistema delle Rsa perde 129 mila euro al giorno, pari a 3,87 milioni al mese. Il calcolo è presto fatto: per ogni ospite l’Rsa incassa di solito 100 euro al giorno, metà come retta (a carico della famiglia), metà come contributo dalla Regione. Se ogni Rsa ha in media 15 letti liberi, vuol dire che « brucia » 1.500 euro al giorno, 45 mila euro al mese. Più le spese fisse che ha.
Numeri alla mano, il rischio che qualcuno porti i libri in tribunale non è un’ipotesi così peregrina. È l’eredità dei decessi Covid, ma soprattutto del blocco dei nuovi ingressi e dei timori di tante famiglie. Se si aggiunge che oggi le regole per far entrare un anziano in casa di riposo sono «troppo complesse e limitative», allora il problema rischia di « ingrandirsi ancora di più» per le famiglie e per le Rsa stesse. È ciò che sostiene «Connettere salute», un network di esperti di medicina e salute pubblica che ha inviato una lettera aperta al presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, e all’assessore al Welfare Giulio Gallera. La richiesta è di rivedere «tempestivamente» la delibera 3226 perché, così come formulata, «ritarda pesantemente la possibilità per anziani e disabili di essere accolti nelle strutture». Non solo, «impedisce ai familiari di incontrare i loro cari già ospiti nelle strutture, mantiene in condizioni di confinamento» persone che avrebbero bisogno di relazioni esterne. E il pensiero va subito agli ospiti di «strutture comunitarie con disabilità, delle dipendenze, della salute mentale » che «nella relazione con la realtà circostante compiono il loro percorso di autonomia».
Può sembrare paradossale che la Regione venga criticata per aver licenziato una delibera giudicata molto limitativa, ma i firmatari ritengono che lo spirito costruttivo della lettera sia di «tutelare i diritti di persone che, al momento, sono obbligate a rimanere fuori dalle Rsa, con serie difficoltà per le famiglie » fa notare Giambattista Guerrini. Così come formulata, la delibera ritarderebbe la possibilità per un anziano di essere accolto in Rsa quando le misure di precauzione oggi esistono. Ad esempio, non basta avere il doppio tampone negativo per passare il primo scoglio. «Serve che dopo l’anziano trascorra 14 giorni in isolamento a casa propria, di fatto sotto la responsabilità dell’Rsa. Ma come fa questa struttura a controllare?» si chiede Fulvio Lonati. Ecco perché le case di riposo preferirebbero che la quarantena di 14 giorni venga fatto «al loro interno. Se anche questo tampone risulta negativo, allora l’anziano esce dall’isolamento ed entra in Rsa». Altro tema, quello delle visite: andrebbero «consentite da subito», con le regole di distanziamento e sicurezza «previste dall’Istituto superiore di sanità» (temperatura inferiore ai 37 gradi, assenza di sintomi, Dpi). «Ma c’è bisogno di un contatto esterno». La Regione ci va con i piedi di piombo, soprattutto dopo la delibera dell’8 marzo scorso che regolamentò la gestione delle Rsa nell’emergenza Covid. «Giusto avere le antenne tirate dato che il virus circola ancora, ma oggi — sostiene Lonati — c’è una responsabilizzazione diffusa». Lui stesso, come altri di Connettere salute, sanno che la riapertura di questi luoghi-comunità espone a potenziali focolai, ma la strada è rispondere ai bisogni e «bloccare subito i focolai, isolando la persona e i contatti. È come per l’azienda di logistica di Bologna: si agisce subito per soffocare il focolaio — ragiona Lonati —, non è che si bloccano tutte le aziende di trasporto». Stesso discorso per le Rsa: la preoccupazione è che i tempi lunghi di questi percorsi d’ingresso vadano a «creare problemi alle famiglie che già prima» avevano aspettato anni per trovare posto. E mentre si fatica a ripartire, c’è chi ha cercato una badante per assistere la nonna vedova e chi si arrangia come può, aiutando a turno il parente non autosufficiente.
Se il sistema delle case di riposo non si sblocca, il timore è che «si possa perdere anche il 20-30% del patrimonio di Rsa costruito negli anni grazie a fondazioni del privato sociale» dice Lonati. Il network chiede infatti alla Regione di usare i fondi straordinari per aiutare le Rsa e Rsd, magari coprendo la quota sanitaria (50 euro/giorno) che le strutture non hanno incassato nei mesi dell’emergenza Covid.