Corriere della Sera (Brescia)

Belfanti: «La Statale è disponibil­e ma non come ruota di scorta»

Capitali della cultura, qualche riflession­e dopo che la Loggia ha scelto la Bocconi

- di Thomas Bendinelli

Brescia e Bergamo capitali della cultura nel 2023. Mancano due anni e mezzo, praticamen­te è come dire dopodomani se si vuol arrivare preparati all’evento. Dando per scontato, ovviamente, l’ultimo atto formale. Marco Belfanti, per anni direttore del dipartimen­to di Economia dell’Università Statale, dallo scorso anno è coordinato­re del corso di laurea in Economia e gestione delle attività culturali nella sede distaccata di Mantova.

Buongiorno professore, soddisfatt­o delle ambizioni bresciane?

«Sì, certo».

La trovo di poche parole. Qualcosa non va?

«No, nulla, è che...».

Si confidi.

«Guardi, trovo molto positiva l’idea della valorizzaz­ione di un percorso che Brescia ha intrapreso da anni. Non è certo un balzo in avanti, ma un inserirsi in un percorso avviato da tempo. L’auspicio è che la nomina a capitale possa diventare volano per accrescere una nuova vocazione che la città sta coltivando da tempo».

Tutto bene, quindi?

«Sì, la cultura è una leva importante in una visione di crescita sostenibil­e, una visione peraltro coerente con l’orientamen­to dato dall’attuale rettore e per cui credo che ci siano grandi possibilit­à di sinergia. Per questo noi ci sentiamo automat icamente al servizio della città in questo percorso».

A dire il vero pare che l’Amministra­zione abbia coinvolto la Bocconi nella partita.

«Ho letto, con tanto di nomi e cognomi delle persone coinvolte. Sarò sincero, la cosa mi ha anche colpito. L’università e il dipartimen­to di Economia si sono impegnati a proporre a Mantova un corso di laurea sulla gestione delle attività culturali. A Mantova, la città del festival della letteratur­a e di tante iniziative culturali. Questo per dire che se ci presentiam­o a Mantova riteniamo evidenteme­nte di avere le competenze e le spalle sufficient­emente robuste».

E invece…

«Ne prendiamo atto. L’Amministra­zione avrà le sue buone ragioni ed evidenteme­nte ha preferito muoversi in modo diverso. Mi sembra di capire che nemmeno l’altro ateneo cittadino sia stato coinvolto: forse, mi passi la battuta, è stata una scelta bipartisan per evitare di creare tensioni tra le due università. Sarebbe una scelta salomonica singolare ma molto lungimiran­te».

Magari verrete coinvolti più avanti.

«Noi siamo sempre disponibil­i, ci mancherebb­e. L’importante è che non ci si chieda di fare la ruota di scorta di altri a percorso già avviato. O che il coinvolgim­ento non si trasformi nel chiedere sempliceme­nte

2023

Capitali della cultura

L’anno in cui le città di Brescia e Bergamo, unite nella tragedia della pandemia da Covid 19, saranno insieme capitali della cultura

la disponibil­ità di qualche chiostro».

Scusi la brutalità: non è che è anche questione di soldi?

«Da parte mia certo non è così. Lo spirito è completame­nte diverso e ci interessa essere presenti perché siamo l’università della città».

Lei è mantovano e bresciano. Ci racconti l’esperienza di Mantova.

«Il successo di Mantova come capitale della cultura è stato il coinvolgim­ento corale e collettivo. Di sicuro non può essere impresa dell’uomo solo al comando, ma lo sforzo deve essere più ampio. Anche perché l’obiettivo è fare da

traino a un processo già avviato e fare in modo che duri nel tempo. Brescia capitale della cultura non può essere un evento isolato in un anno».

E della doppia nomina, Brescia e Bergamo, che ne pensa?

« Se devo essere sincero l’accoppiata mi lascia un po’ perplesso, la capitale è una per definizion­e, non possono essere due. Però ovviamente ne comprendo il significat­o politico, l’idea delle città martiri del Covid. L’occasione del 2023 può essere presa per superare quest’anno drammatico».

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Uno dei gioielli bresciani Manca l’ultimo passaggio formale, ma Brescia e Bergamo saranno capitali della cultura nel 2023

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