Intorno a una statua malata
«Dalla Notte di Michelangelo l’intuizione di un retroscena nascosto»
Per tutti noi è (solo) Michelangelo. Solo una delle sue meravigliose sculture. Al grande pubblico sfugge che la figura della Notte, nella Sacrestia Nuova in San Lorenzo a Firenze, abbia un seno malato. Probabilmente neppure lo stesso Michelangelo lo aveva compreso. Diverso è lo sguardo dell’esperto, che in quel seno tumefatto individua i segni di un carcinoma. Il grande oncologo Gianni Bonadonna — dobbiamo a lui l’utilizzo della chemioterapia adiuvante nel tumore al seno e la cura per il linfoma di Hodgkin —, era solito mostrare, durante le conferenze, un’immagine della scultura di marmo per far comprendere quanto il tumore sia malattia antica, quanto la battaglia per vincerlo non sia cosa degli ultimi secoli. È la premessa per comprendere il libro di Giangiacomo Schiavi, «Il mistero della Notte. Una diagnosi per Michelangelo» (La Nave di Teseo), che il giornalista del «Corriere» presenta questa sera al Parenti, con Momcilo Jankovic, Salvatore Veca e Nicola Montano, e con una lettura di Ivana Monti.
Una statua, un seno malato, un libro: quali sono i passaggi?
«Una conferenza affollata nel 2015, qui a Milano, una delle ultime di Bonadonna che parlava oramai a fatica, un ictus lo aveva reso afasico. La voce gli si blocca proprio quando appare alle sue spalle la figura della Notte. Ero sul palco con lui, ho improvvisagnosi, accennato scherzoso al raccoglimento necessario prima della “diagnosi per Michelangelo”. A bassa voce mi disse, “bella idea, perfetta per un libro, quando iniziamo a lavorarci?”. Sei mesi dopo, è mancato».
Libro rimasto incompiuto.
«In realtà c’era solo quella scintilla iniziale, la storia era ancora tutta da imbastire. Il romanzo ispirato al pioniere dell’oncologia e a quel seno scolpito asimmetrico nel marmo, non ha avuto una forma precisa per anni. Ci sono arrivato poco per volta, immaginando il protagonista che a fine carriera va in America per una lectio magistralis (è la storia di Bonadonna, volato dopo la laurea negli States, al Memorial Sloan Kettering Center di New York, corteggiato da Standford, rientrato in Italia, all’Istituto dei Tumori)».
E si arriva alla fatidica notte...
«La sera prima della conferenza, il medico sogna la Notte di Michelangelo. Un sogno potente, ossessivo, rivelatore. Al risveglio ha chiaro in testa che la sua relazione, dati, diato, scoperte, non ha più senso, ha perso di significato. Dietro alla figura femminile della Notte ha intravisto le donne che ha curato per anni. La Notte è diventata simbolo, oltre che metafora, del dolore, della fragilità umana, perfino dell’accettazione dell’imperfezione. Mentre lui è il volto della medicina migliore, che non perde umanità».
Così il protagonista cambia il discorso.
«L’assistente è disperata, una lectio magistralis sulla diagnosi a una statua del Cinquecento sembra un’assurdità, quasi follia. Lui è irremovibile. E qui mi fermo, non vorrei svelare di più».
Fragilità
Dietro a quell’opera il grande oncologo ha intravisto le donne che ha curato per anni