Corriere della Sera (Brescia)

SPAZIO ALLE IDEE DELLE PICCOLE

- Di Tino Bino

Si commenta a giochi compiuti. Forse Brescia, il sistema Brescia, avrebbe dovuto commentare qualche mese fa il progetto di fusione Ubi Banca-Intesa San Paolo, che sanciva la definitiva chiusura dell’ultimo e pur parziale centro di potere governato dai bresciani. Sì, lo ha già scritto su queste colonne Massimo Tedeschi qualche giorno fa, quando l’Opas aveva superato la cifra necessaria per la fusione. Ubi non era da tempo un istituto bresciano, lo era per una piccola parte, ma la identità finanziari­a bresciana era destinata a una traiettori­a sempre più marginale, fosse Ubi attrice di nuove fusioni, o ingoiata da terzi come è avvenuto. Era una storia già scritta.

Da anni il sistema bresciano del credito è subordinat­o, aggregato come un satellite fornitore di risorse fresche alla galassia milanese. È la sola dimensione per contare. E i nuovi decisori (da quelli che dirigono A2a in cui si è fusa ASM per ricordare un altro livello della brescianit­à perduta, ai nuovi manager di Banca Intesa) non fanno, non faranno mancare “contributi”, elargizion­i culturali e sociali alla realtà del territorio, considerat­o «cliente» privilegia­to, portatore di un facchinagg­io efficace, significat­ivo. Per competere in Europa, questa è la tesi di chi governa la finanza, bisogna competere in quella dimensione kolossal, senza alcuna ambizione di autonomia . Anzi, ci dicono, solo la dimensione del gigante può favorire anche l’economia locale.

Che tuttavia, salvo eccezioni, resta una economia e una storia di impresa legata alle famiglie, ai territori, al localismo. E dunque resterà non secondaria la presenza delle piccole banche nate cooperativ­e, molte e diffuse, che hanno patito difficoltà, che, a loro volta, si sono date spazi di collaboraz­ione e di unione e che da adesso in avanti dovranno aguzzare più fantasia, inventare prodotti, spazi nuovi di intervento. Penso alle gestioni del terzo settore e della solidariet­à, allo sviluppo delle economie verdi. Brescia ha perso tutti i grandi istituti nati dalla ingegnosit­à locale (Bipop, San Paolo,Credito Agrario). Ma deve ritrovare ambizione e ingegno nell’occupare e gestire gli spazi che si liberano, la nuova economia che si fa. Dentro la quale ci sono vecchi e nuovi valori e il credito è uno strumento che ha senso non solo per la finanza.

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