Ecco Brescia vista da Engels
Il padre del materialismo dialettico ne scrisse il 24 febbraio 1858
«La fertilità del suolo favorisce la coltivazione di prodotti eccellenti; uno dei più importanti settori dell’economia è la bachicoltura. Si producono ogni anno 1.000.000 di libbre di seta; il numero degli opifici per la tessitura della seta ammonta a 27 e quello delle filande per la seta a 1.064. Si producono annualmente circa 70.000 libbre di ottima lana e ci sono non meno di 45 opifici per la tessitura della lana, 40 fabbriche di articoli di lana e di cotone, 13 fabbriche di tessuti di lana, 27 fabbriche di articoli in oro, argento e bronzo, 12 fabbriche di ferramenta e porcellana, 7 tipografie, 137 stabilimenti per la produzione di acciaio e di altri metalli (l’acciaio di Brescia gode di fama mondiale) e 77 fabbriche di armi da fuoco e di munizioni... Il burro, il formaggio, il frumento, il granturco, il fieno, il lino, le castagne, l’olio e il vino sono altre notevoli fonti di benessere».
Queste note così attente al mondo del lavoro nella terra bresciana, con la città che aveva allora 40 mila abitanti, sono state scritte intorno al 24 febbraio 1858 come «voce» per uno dei volumi dell’enciclopedia statunitense «The New American Cyclopædia».
Il loro autore? Un rivoluzionario del quale oggi ricorrono 125 anni della morte e il prossimo 28 novembre i 200 anni della nascita: Friedrich Engels.
Sì, proprio lui, l’uomo considerato il padre del materialismo dialettico, il filosofo e politico tedesco passato dal radicalismo hegeliano al comunismo di Moses Hess, poi trasferitosi in Inghilterra dove studiò le condizioni dei lavoratori ed elaborò i temi della lotta di classe e del rovesciamento del sistema capitalistico. Nonché stretto collaboratore, amico e sostenitore di Karl Marx, con cui scrisse più opere, compreso il «Manifesto del Partito Comunista» nel 1848, condividendo con lui collaborazioni come le voci per quest’enciclopedia, stampata negli Stati Uniti fra gli anni ’50 e ’60 dell’Ottocento.
Era stato il direttore del «NewYork Tribune», Charles Dana, a chiedere a Marx, suo corrispondente dall’Europa, di entrare nella redazione del nuovo «dizionario popolare» in più volumi. Marx, navigando in pessime acque, aveva accettato, ma per avere più tempo per i suoi studi passò ad Engels gran parte del lavoro, svolto dai due tra il ‘57 e il’61.
Così Engels redasse, oltre a voci riguardanti città o Stati con riferimenti a fatti bellici (come Alessandria, Anversa, Abensberg, Acri e appunto Brescia, quindi Birmania, Algeria, Afghanista e altri), molti lemmi tecnici militari (attacco, bomba, munizione, armata...), mentre Marx compilò profili biografici. Il compenso era basso — due dollari a pagina — ma pur sempre utile a integrare il bilancio disastrato di Karl Marx, al quale Engels passava pure aiuti come unico funzionario del loro costituendo partito.
In ogni caso Engels lo invitò a farsi assegnare dall’editore Dana più voci possibile, fornendo «tanta solida scienza» per averne «in compenso il solido oro californiano»; mentre Marx nei suoi pezzi seguì il principio «essere il meno concisi possibile, finché si può farlo senza divenire insulsi».
A tutti e due in ogni caso non mancava la conoscenza dell’Italia dimostrata in tanti articoli precedenti. La voce «Brescia» stilata da Engels, dopo i dati sulla produzione, prosegue con cenni sul castello, le fontane, l’antica cattedrale e il Duomo Nuovo, le chiese, il Salvatore di Raffaello, le pinacoteche dei palazzi Averoldi, Fenaroli, Lechi, Martinengo, la Queriniana e altri luoghi.
Scrive poi Friedrich Engels che «Il più originale monumento di Brescia è il cimitero, il più bello d’Italia», e ricorda il «tempio romano» da poco «portato alla luce» (ma senza citare la Vittoria), fermandosi di seguito sulle vicende belliche: dalla devastazione dei Goti sino al bombardamento sulla città di Haynau nel 1849.
Esperto di questioni militari, Engels rivela tutta la sua competenza in molti altri testi di questi anni, segnati, oltre che dalla crisi economica, anche dai conflitti coloniali e tra le potenze europee.
La guerra vi emerge come manifestazione dell’incapacità del capitalismo di garantire un ordine mondiale stabile.
Salvo, non senza contraddizioni, riconoscerne ogni legittimità di ricorso al «proletariato che si ridesta». Ma questa è un’altra storia.
Il testo
«Il più originale monumento di Brescia è il cimitero, il più bello d’Italia» scrive, ricordando anche il «tempio romano» da poco «portato alla luce», oltre a citare la storia bellica