Cabra ricomincia dal Grande inquisitore
Fausto Cabra conclude le serate del Ctb: «Facciamo tesoro di quanto successo»
Un defribillatore intellettuale per risvegliare la coscienza intorpidita e interrogarsi sul senso di stare a questo mondo, come uomini vivi. Tale può essere considerato il quinto capitolo del romanzo di Dostoevskij «I fratelli Karamazov » , denominato « Il Grande Inquisitore » . Uno scritto profondo, apicale, destrutturante che nel contesto del libro gode di una sua autonomia e ci riporta alla vera essenza della prospettiva non solo cristiana, quella che affronta i temi del libero arbitrio, della fede e degli ingranaggi del potere, della libertà di pensiero e di azione. Giunge alla conclusione D’estate al Chiostro, la rassegna estiva del Ctb: oggi e domani, alle ore 21.30, il Teatro Mina Mezzadri (Contrada Santa Chiara 50/A) ospita l’attore bresciano di caratura nazionale Fausto Cabra e la compositrice e musicista Mimosa Campironi, protagonisti dell’appuntamento intitolato Il grande inquisitore. Una lettura in jazz. Una lettura scenica delle pagine del capolavoro in un esperimento di improvvisazione e contaminazione tra le voci di numerosi strumenti e la parola. In questa indimenticabile parabola sul ritorno di Cristo in terra, riconosciuto e condannato a morte dalla Chiesa, è racchiusa una delle più alte meditazioni sui temi cruciali che riguardano il rapporto tra l’uomo e l’apparato delle istituzioni politiche e religiose. Per Fausto Cabra confrontarsi è come saldare un debito morale.
«Tre anni fa circa — ci racconta — poco prima di abbandonare questo mondo, mio padre mi disse che gli sarebbe piaciuto che mi confrontassi con La Storia della Morante e poi con queste pagine di Dostoevskij. Con la Morante mi sono già cimentato, ora affronto quest’altra impresa. L’estate forse predispone a temi più leggeri, ma sono convinto che questo periodo, appena dopo l’esperienza del lockdown, era propizio per ricominciare facendo tesoro di quello che è stato, per rimettersi in pista. Le gare di Formula 1 si vincono anche dopo le fermate ai box, cambiando la strategia in corsa. Molti hanno sostenuto che era importante, dopo la sosta, tornare a fare, a fare. In verità forse quello non era il momento in cui il fare non era così prioritario. Magari era consigliabile cambiare le coordinate e interrogarsi. Il testo di Dostoevskij, con i suoi temi fondanti, mette a nudo il macro-problema della libertà dell’uomo. Libertà, che viene invocata e sancita nella carta dei diritti, ma che libertà può essere quella che viene pilotata e additata dal sistema in cui si vive? Oggi il consumismo, l’egemonia dell’economia, gli algoritmi creano la lista dei desideri. Ci illudiamo di essere felici e diversi perché possiamo spendere, così ci dicono gli slogan, ma nel momento in cui spendiamo, siamo massificati. Argomenti eterni e di assoluta profondità quelli delle pagine dello scrittore russo, paradossali, di cui non viene offerta soluzione, perché la soluzione dipende dall’uso e soprattutto dalla consapevolezza che ognuno di noi ha della libertà».
Lo spettacolo viene definito una lettura jazz. In che senso? «Con una lettura scenica del testo c’è il rischio che ci si compiaccia di ascoltare la propria voce. Il teatro deve essere accadimento. E il jazz è per sua natura accadimento, improvvisazione e interazione fisica». Biglietto 9 euro, consigliabile l’acquisto in prevendita al Ctb in piazza della Loggia o su vivaticket.it.
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La tematica Questo testo mette a nudo un macro tema molto importante, quello della libertà dell’uomo
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Voce jazzata
Il teatro deve essere accadimento; il jazz è improvvisazione e interazione fisica