Molestò una 72enne In carcere
La violenza nel 2013, quando la vittima aveva 72 anni
Sono passati sette anni. E lui, che ne ha 66, è finito in carcere per violenza sessuale su disposizione della procura generale, dopo che la condanna a due anni e due mesi è diventata definitiva. I fatti risalgono al 2013, quando conobbe e agganciò la vittima (che oggi ha 79 anni) in un bar vicino al centro diurno per anziani: si spacciò per un amico del defunto marito di lei conquistandone la fiducia e una volta a casa sua la molestò. Lei cercò di difendersi, anche a suon di calci e pugni, fino a riuscire a chiedere aiuto attivando il telesoccorso. Le indagini della squadra Mobile della questura scattarono subito, numerosi i riscontri a carico del 66enne.
Prima ne ha conquistato la fiducia facendo leva sull’affetto più caro che avesse e sul dolore — profondo — che la perdita aveva lasciato dentro di lei. E a suon di bugie. Poi ha cercato di abusarne nella maniera più ignobile.
La pena, adesso è diventata definitiva: due anni e due mesi per violenza sessuale. E li deve scontare. Su disposizione della procura generale che ha firmato il trasferimento in carcere a suo carico, un 66enne bresciano è stato arrestato dagli agenti della squadra Mobile della questura (che all’epoca indagarono sul caso) e tradotto nel carcere di Canton Mombello.
I fatti non sono recentissimi, essendosi già svolti tre gradi di giudizio. Risalgono al 2013. Lei aveva 72 anni, vedova; lui 59 e pessime intenzioni. Si sono conosciuti in un bar vicino al centro diurno per anziani, che la signora aveva iniziato a frequentare una volta rimasta sola: per non lasciarsi andare, per stare un po’ in compagnia e tenersi impegnata. Non l’ha «agganciata» a caso. Davanti a un caffè le presentazioni e le prime chiacchiere, non senza leggerezza e risate, fino al momento in cui lui ha giocato sporco calando il carico da novanta che non avrebbe dovuto. Sapeva come si chiamava il compagno di lei, defunto da qualche tempo. E «sai, io ero un suo amico» ha mentito spudoratamente. Inevitabile lei si lasciasse andare, parlando dell’uomo più importante della sua vita. Dei ricordi, delle sue qualità e di una quotidianità da ricostruire senza di lui, non senza fatiche. «Guarda un po’ il destino» ha pensato lei. Non presagiva nulla di buono, però. Tanto che un giorno, il 66enne si è presentato a casa della signora, che volentieri gli ha preparato un caffé con le sue mani, stavolta. Mai sospettando che lui, a stretto giro, le sue mani le avrebbe messe altrove. Nonostante le resistenze l’ha palpeggiata nelle zone intime andando oltre, come certificheranno gli accertamenti medici. Lei sporse immediatamente denuncia.
Le indagini scattarono subito, coordinate dalla procura e delegate alla squadra Mobile. Anche i riscontri sulla responsabilità del 66enne non si fecero attendere: immortalato dalle telecamere di sorveglianza (pubbliche e private) installate nella zona, «tradito» da un percorso che al di là di ogni dubbio — per orari e localizzazione — confermava il racconto della parte offesa. Non solo. Nell’appartamento di lui gli agenti trovarono ulteriori elementi di prova: gli stessi abiti cristallizzati dall’occhio elettronico, che il colpevole indossava il giorno in cui si è consumata l’aggressione. Episodio che gli investigatori hanno ricostruito con estrema attenzione e accuratezza, evidenziando quello che definiscono «un quadro chiaro e coerente» proprio grazie alle evidenze probatorie emerse nel corso degli accertamenti, oltre alla testimonianza, non meno dettagliata, della signora. È stata lei, in particolare, a raccontare alla polizia — arrivata immediatamente a casa sua dopo la chiamata — di aver cercato di difendersi dalle molestie sessuali in ogni modo: «Non si fermava, l’ho colpito anche con i calci e i pugni. So che sono riuscita anche a graffiarlo sul viso», prima di divincolarsi e liberarsi. Attivando, a quel punto, il suo dispositivo di telesoccorso. È stato proprio sentendo la voce dell’operatrice che rispose al telefono che il 66enne decise di desistere, salvo poi scappare di corsa dall’appartamento della signora, mentre molto scossa, semplicemente, chiese aiuto: «Sono appena stata vittima di violenza sessuale».
Grazie anche a una consolidata esperienza di ascolto, gli investigatori non hanno sottovalutato, anzi valorizzato, le dichiarazioni della vittima fino a ricostruire la vicenda con coerenza e veridicità. Non solo lei, peraltro. Tanti i testimoni che sono stati convocati e ascoltati, in grado di riferire particolari fondamentali e tutti riscontrati in sede di indagine.
Proprio alla luce delle prove emerse, e in virtù del fatto che la condanna inflitta dal tribunale nei suoi confronti per violenza sessuale sia diventata ormai definitiva, il 66enne — che ha precedenti specifici per un’altra aggressione a sfondo sessuale ma anche per lesioni personali — è stato arrestato e, dopo sette anni, su ordine della procura generale accompagnato nel carcere di Canton Mombello. Per scontare la pena.
La condanna
La pena definitiva a due anni e 2 mesi: la procura generale ha disposto l‘arresto