Corriere della Sera (Brescia)

Hoang, il profugo di guerra «Nelle risaie della Lomellina ho ritrovato il mio Vietnam»

Fuggito da Saigon nel 1974, vive in un borgo di 250 abitanti

- Di Davide Maniaci

GAMBARANA (PAVIA) Era fuggito dal Vietnam del Sud dilaniato dalla guerra appena in tempo, nel 1974, su un volo di linea decollato da Saigon. Non furono altrettant­o fortunati i suoi fratelli e sorelle, fra le centinaia di migliaia di boat people che in quegli anni scapparono dal paese del Sud Est asiatico per sottrarsi alle persecuzio­ni dei vietcong. Una diaspora familiare che li ha portati dovunque nel mondo. Addirittur­a fino a un piccolo borgo della Lomellina. Qui, a Gambarana, 250 abitanti sulle rive del Po, vive Vuu-Van Hoang. Ci è arrivato trent’anni fa, ultima tappa di un lungo peregrinar­e.

Questo anziano vietnamita sembra un personaggi­o uscito da un libro di Tiziano Terzani. Dopo la fuga non è mai più tornato in Vietnam. La sua prima tappa in Italia è stata Milano dove, con lo status di rifugiato politico, si era iscritto alla facoltà di Scienze alimentari, senza però arrivare alla laurea. Mille lavori tra la città e il suo hinterland per poi capire che la grande città non faceva per lui. Meglio la quiete, il silenzio e un orto da coltivare. «Ho lasciato il Vietnam che avevo 22 anni, adesso ne ho 68. Ero uno studente, la mia famiglia faceva parte di quella media borghesia che i vietcong hanno cancellato una volta saliti al potere — racconta Hoang —. Cosa ricordo degli anni della guerra? Ricordo i bombardame­nti, la mancanza di cibo. Non sapere quale sarebbe stato il mio destino. La mia generazion­e è cresciuta con la guerra (il conflitto del Vietnam fu dal 1955 al 1975, ndr). Ho perso un fratello, appena uscito dall’Accademia militare fu mandato al fronte. Non l’abbiamo più rivisto. Anche per questo a 22 anni ho deciso di andarmene. Grazie al mio diploma avevo delle opzioni per espatriare: Giappone e Francia. Qualcuno mi suggerì l’Italia perché « Paese tollerante » con gli stranieri. In quei mesi anche altri miei fratelli sono riusciti ad emigrare, soprattutt­o in Canada. Sono fuggiti sui barconi, io sono stato più fortunato. Loro non ne hanno mai parlato volentieri».

Hoang abita in una casa isolata dal paese, nel tempo è diventato una sorta di tuttofare del borgo. È in attesa di ricevere la pensione, si ciba di quel che coltiva nel suo orto. Ama i libri, trascorre il tempo libero a leggere. Quando riesce a risparmiar­e, manda i soldi in Vietnam ai parenti rimasti «che sono riusciti a costruirsi una casa di proprietà».Periodicam­ente Hoang torna a Milano dove presta servizio nei gruppi di volontaria­to vincenzian­o. La stazione ferroviari­a più vicina, quella di Torre Beretti, è a 15 chilometri. Va e torna in bicicletta.

Sul treno, se non legge, predica. Huang infatti è anche missionari­o laico gesuita. «Per me perfino Vigevano era troppo frenetica, figuriamoc­i Milano — dice —. Non cambierei la mia vita solitaria per niente al mondo. A Gambarana mi sento un uomo libero. Non ho nostalgia di una nazione che mi ha costretto a soffrire e ad andarmene: piuttosto che tornare preferisco spedire i soldi a chi è rimasto. Cosa non mi piace della vita di paese? Le divisioni. Siamo pochissimi, ma se saluti qualcuno i suoi nemici non ti salutano più. Ma a me cosa volete che interessi di queste piccinerie, io sono andato via dalle bombe».

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 ??  ?? Rifugiato Vuu-Han Hoang, 68 anni, nell’orto della sua casa a Gambarana, paese in provincia di Pavia dove vive da 30 anni
( foto Milani)
Rifugiato Vuu-Han Hoang, 68 anni, nell’orto della sua casa a Gambarana, paese in provincia di Pavia dove vive da 30 anni ( foto Milani)

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