Covid, venti vittime sul lavoro
Drastico aumento (+404%) degli infortuni nel settore sanitario in tutta la Lombardia
Nella
nostra regione le denunce di infortunio in occasione di lavoro nel settore della sanità ed assistenza sociale aumentano da 1816 nei primi sei mesi del 2019 a 9163 nello stesso periodo del 2020 pari a +404%». I decessi riguardano principalmente il personale sanitario e assistenziale (medici, infermieri, operatori socio sanitari): restando alla sola provincia di Brescia, venti delle 25 morti sul lavoro sono attribuibili al Covid. Il numero di infortuni denunciati è abbastanza in linea rispetto ai dati dello scorso anno, ma l’incidenza della sanità è preponderante. Gli infortuni denunciati nei primi sei mesi del 2019 erano stati 8.619, nel 2020 sono stati 7.814, di cui oltre un terzo per Covid.
Nei primi sei mesi dell’an- no in provincia di Brescia le morti sul lavoro sono state 25. Lo scorso anno, nello stesso periodo di riferimento, erano state undici. Tendenza analoga in Lombardia, dove i decessi sono raddoppiati, passando da 72 a 145. A livello provinciale il dato peggiore è quello di Bergamo, dove le morti sul lavoro sono quadruplicate, da 8 a 31.
L’effetto del Covid si fa sentire anche sul lavoro e colpisce in particolare il settore socio sanitario. La chiusura forzata di tante attività per quasi due mesi ha in realtà fatto diminuire, oltre a Pil e consumi, anche gli infortuni sul lavoro. Nella sola Lombardia gli infortuni denunciati sono calati di oltre il 14%, passando da quasi 62 mila episodi a poco più di 53 mila. A livello nazionale il calo è stato anche maggiore, nell’ordine del 24%. La Lombardia, oltre a pagare il più alto tributo di vittime al Covid, registra quindi dati anomali rispetto alla penisola anche sul fronte degli infortuni e delle morti sul lavoro.
«I dati di quest’anno sono fortemente influenzati dall’emergenza coronavirus — osserva la Cgil Lombardia in un report che analizza i numeri diffusi dall’Inail — Nella nostra regione le denunce di infortunio in occasione di lavoro nel settore della sanità e assistenza sociale aumentano da 1.816 nei primi sei mesi del 2019 a 9.163 nello stesso periodo del 2020 pari a +404%».
I decessi riguardano principalmente il personale sanitario e assistenziale (medici, infermieri, operatori socio sanitari, operatori socio assistenziali): restando alla sola provincia di Brescia, 20 delle 25 morti sul lavoro sono attribuibili al Covid. Il numero di infortuni denunciati è abbastanza in linea rispetto ai dati dello scorso anno, ma l’incidenza del comparto sanità è preponderante e, di conseguenza, interessa in misura maggiore le donne.
Se guardiamo il dato complessivo bresciano, gli infortuni denunciati nei primi sei mesi del 2019 erano stati 8.619, nel 2020 sono stati 7.814, di cui oltre un terzo per
Covid. La differenza di genere, nel caso del virus, è evidente: 2.076 donne rispetto a 715 uomini. Un dato che si riscontra anche a livello regionale (13 mila donne circa rispetto a poco meno di 5 mila uomini). La maggior incidenza sulle donne coincide con le professioni nelle quali sono ovviamente più presenti: infermieri, ausiliari, operatori socio assistenziali.
«Sebbene la pandemia sia stata tanto inaspettata quanto aggressiva — sottolinea la Cgil Lombardia nel report — si ripropone il tema della prevenzione sanitaria e più in generale della tutela delle condizioni di salute di lavoratrici e lavoratori. La prevenzione del rischio è un processo complesso che richiede il coinvolgimento di tutti i soggetti, a partire dai lavoratori e dai loro rappresentanti, e si estende a tutte le fasi dell’organizzazione del lavoro che è essa stessa un fattore di rischio».
Di qui — conclude il sindacato — dunque la necessità di una costante verifica dei protocolli di prevenzione in relazione al Covid-19 e di quanto il lavoro dei Comitati debba essere utile per contenere il diffondersi della pandemia e seri rischi per la salute dei lavoratori.