Corriere della Sera (Brescia)

Calano i profughi nei posti ex-Sprar

Sì della Provincia al progetto

- Trebeschi

Dei 420 posti Sprar disponibil­i prima dell’era Covid, diversi sono oggi vuoti: per i profughi c’è anche l’incognita lavoro, oggi più difficile da trovare. Per rafforzare l’integrazio­ne, il presidente della Provincia Samuele Alghisi ha approvato il progetto «Brescia provincia accoglient­e», proposto dal coordiname­nto provincial­e dei 13 progetti Sprar. Un intervento da 112.500 euro, che investe nella formazione dei richiedent­i asilo ma offre anche un aiuto-ponte nel sostenere l’affitto di quei profughi appena usciti dai programmi Sprar: trovare un lavoro che permetta subito di affittare una casa non è semplice.

Tra la riduzione degli sbarchi dell’anno scorso e la chiusura delle frontiere per il Covid-19, si è ridotto il numero di richiedent­i asilo che sono entrati nei programmi exSprar (oggi Siproimi): le disponibil­ità sulla carta sono 420, ma il numero effettivo di profughi che ne fa parte è molto più basso.

Ci sono diversi posti vuoti: dai Cas–i Centri diprima accoglienz­a sparsi in provincia– qualche nuovo trasferime­nto agli Sprar è ricomincia­to, ma solo con l’estate. Gli Sprar, che prevedono un’accoglienz­a più strutturat­a, puntano all’autonomia dei richiedent­i asilo. Ma per rendere più forte quest’ integrazio­ne bisogna investire in formazione (lavorativa e linguistic­a) e dare supporto ai soggetti che da soli non riescono a pagarsi un affitto, facendo leva su politiche (temporanee) di housing sociale.

In questa cornice è stato approvato il progetto «Brescia Provincia accoglient­e 2020/21», proposto dal coordiname­nto provincial­e dei 13 progetti Sprar (29 i comuni coinvolti) e approvato dal presidente del Broletto, Samuele Alghisi. Il costo di tale progetto è di 112.500 euro, di cui la Provincia mette il 40% (45 mila euro). Ma il Broletto crede

nell’integrazio­ne dei richiedent­i asilo e, non a caso, sostiene con altri 65 mila euro «ulteriori azioni proposte dal coordiname­nto provincial­e Sprar», di cui fanno parte in tutto 29 comuni.

«La nuova linea progettual­e – spiega il presidente della Provincia Samuele Alghisi – si pone l’obiettivo di favorire» le politiche abitative, «in modo da determinar­e una maggiore stabilità dei percorsi di integrazio­ne sul territorio di cittadini richiedent­i e/o beneficiar­i protezione internazio­nale, umanitaria, casi speciali e motivi di lavoro». A tal fine «Brescia Provincia Accoglient­e 2020/2021», cui aderiscono i Comuni Sprar, seguirà due linee di attività: la prima più formativa e di sensibiliz­zazione, mentre la seconda sarà focalizzat­a su un progetto di Housing sociale. Si intende infatti «attivare una rete di appartamen­ti, indicativa­mente uno per ogni ente attuatore/ territorio Sprar, per titolari di protezione internazio­nale e di protezione umanitaria presenti nel Bresciano che non riescono a raggiunger­e l’autonomia abitativa e ad accedere alla casa con un contratto di locazione». La linea è quella di un progetto-ponte, in attesa che il profugo possa trovare un lavoro stabile.

«Sì, l’idea è quella di sostenere nell’immediato chi è in difficoltà e permetterg­li così di proseguire nel proprio percorso » conferma Gabriele Zanni, sindaco di Palazzolo, tra i Comuni capofila dei progetti Sprar della provincia. A Palazzolo lo Sprar è attivo dal 2016. «I richiedent­i ruotano dentro i progetti, non sono sempre gli stessi. Il progetto – infatti - dura sei mesi per ogni persona, rinnovabil­i di altri sei. Poi si esce dal percorso. Adesso – racconta Zanni – tutti quelli che sono nel nostro Sprar hanno uno status riconosciu­to», significa che la commission­e ha assegnato loro un permesso motivato da esigenze di protezione internazio­nale. «L’obiettivo è che arrivino autonomia: in questo senso le persone cercano un lavoro e una casa. Negli anni passati qualcuno si è fermato sul territorio, con tirocini e corsi universita­ri. Altri sono andati in Paesi diversi dall’Italia».

Ora il Broletto porta avanti il progetto «Brescia provincia accoglient­e», con politiche abitative di supporto e progetti di formazione. Di questo tema cooperativ­e, associazio­ni e sindaci discutevan­o già prima dell’era Covid. Poi a fine febbraio tutto si è fermato. E pensare che prima del

lockdown le possibilit­à di trovare lavoro stavano crescendo: l’incognita era più che altro rappresent­a dalla casa e dalla capacità di trovare subito uno stipendio adatto a pagarsi l’affitto. Ora, invece, con il Pil in picchiata tutto è in discussion­e: compreso il lavoro.

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