Il turista che timonava; «Non ci siamo accorti»
LA TRAGEDIA SUL LAGO DI GARDA Ieri interrogatorio di garanzia per Kassen, che non cambia dichiarazioni: «Non ci siamo accorti»
Non cambia versione davanti al gip Patrick Kassen, il manager tedesco di 52 anni, in cella da lunedì, quando si è costituito ai carabinieri di Brescia, per il duplice omicidio di Greta Nedrotti e Umberto Garzarella, travolti e uccisi la sera del 19 giugno mentre erano sul lago di Garda a bordo di un'imbarcazione. Il turista accusato del duplice omicidio e di omissione di soccorso — Greta è morta per annegamento e forse avrebbe potuto essere salvata, ha ripetuto al giudice quanto già dichiarato ai carabinieri il giorno dopo la disgrazia, prima di ripartire per Monaco. «Non ci siamo accorti di aver travolto un’imbarcazione — è la sua versione — pensavo di aver colpito un remo o una boa». La procura ha disposto accertamenti sui telefoni di Kassen e del connazionale, che resta indagato.
Meno di mezz’ora. Una ventina di minuti per confermare la versione già resa al pm domenica 20 giugno, prima di tornare con l’amico in Germania, a Monaco, dove vive insieme alla famiglia. Tanto è durato l’interrogatorio di garanzia davanti al gip, Andrea Gaboardi, di Patrick Kassen, manager tedesco di 52 anni, a Canton Mombello da lunedì mattina – quando si è costituito ed è stato arrestato dai carabinieri al Brennero, anticipando di qualche ora la decisione della Corte d’appello di Monaco - con l’accusa di duplice omicidio colposo, per aver travolto e ucciso Umberto Garzarella e la compagna Greta Nedrotti alla guida del Riva di un connazionale, mentre i due si trovavano pressoché fermi nelle acque del Garda, a largo di Portese, sul gozzo in legno di lui, «regolarmente illuminato» con le luci di coronamento, hanno stabilito gli accertamenti.
Meno di mezz’ora, per «rispondere alle domande del giudice e confermare quanto già dichiarato, rifacendosi al precedente interrogatorio al pubblico ministero» (il sostituto Maria Cristina Bonomo, presente anche ieri) ha detto all’uscita dal carcere il difensore, l’avvocato Giorgia Menani , del Foro di Mantova. E cioè che «non mi sono accorto di aver travolto un’altra imbarcazione, pensavo di aver colpito un remo o una boa». Eppure, un’ora dopo i l ter r ibi l e schianto, in Fossa a Salo, dove arrivò con il proprietario del motoscafo – C. T., manager 52enne pure lui – barcollando al punto di sbattere contro un palo della luce prima di sedersi a bere con altri tedeschi, aveva attribuito a un precedente «incidente nautico» la perdita di sangue dal naso. Impossibile, per gli inquirenti, i due turisti tedeschi alloggiati in centro a Salo per il passaggio della Mille Miglia, non abbiano realizzato cosa fosse successo, non solo per i danni riscontrati al Riva, che ha iniziato a imbarcare acqua, ma per quel tremendo impatto che residenti e testimoni
"L’indagato Non mi sono accorto di aver travolto una imbarcazione
"Ero convinto che con il Riva avessimo colpito un remo o una boa
hanno descritto come un «boato fortissimo». Per di più, quell’Aquarama – sempre secondo i riscontri – Kassen lo stava guidando, quella maledetta notte, in uno stato di «conclamata ubriachezza», scrive il gip, dopo un «crescendo etilico» iniziato già poco dopo le tre del pomeriggio e continuato anche dopo la tragedia, che avrebbe giocato un «ruolo decisivo nella genesi dello schianto» costato la vita a Umberto, morto sul colpo, e Greta, deceduta invece per annegamento e recuperata a 98 metri di profondità nel lago il giorno successivo alla tragedia. Un comportamento valutabile, per il giudice, in termini di «gravissima imprudenza» che «con il suo portato di offuscamento sensoriale di euforia e sottostima dei pericoli oltre alla sopravvalutazione delle proprie capacità, lo ha portato quantomeno a commettere le altre altrettanto gravi inosservanza in tema di velocità e segnalazioni luminose: navigava in notturna a venti nodi (quattro volte il limite consentito per la navigazione notturna) e utilizzando impropriamente un potente farò anteriore ammesso solo per le manovre in porto.
Meno di mezz’ora, per nominarli mai, questi due ragazzi. E non aggiungere nulla su di loro. Per dire al suo legale che è «provato» dal carcere e che non immaginava fosse accaduta una simile disgrazia.
Ci vorranno dieci giorni, invece, per capire se dai telefonini sequestrati ai due tedeschi possano essere ricavati ulteriori elementi utili all’inchiesta: due iPhone e un Motorola. La procura ha conferito l’incarico al consulente – un militare esperto del Ros – affinché proceda con la copia forense delle informazioni presenti nei cellulari. Il quesito prevede che con l’accertamento tecnico si estrapolino dai telefonini tutti i contenuti, a partire da mail, messaggi e chat. Anche le parti hanno nominato i rispettivi esperti: la dottoressa Federica Bertoni al fianco degli avvocati Patrizia Scalvi e Caterina Braga (per la famiglia Nedrotti), il titolare di un negozio di apparecchi telefonici è stato invece nominato dal collega Raimondo Dal Dosso (avvocato della famiglia Garzarella) mentre il difensore di Kassen, Guido Sola – sostituito da Giorgia Menani per l’interrogatorio – ha incaricato un consulente di Roma. Dagli scambi «virtuali» potrebbero emergere ulteriori «contraddizioni» tra il racconto reso dai due indagati (anche il proprietario del Riva resta tale, in Germania) e la ricostruzione tratteggiata dagli inquirenti in relazione al terribile incidente nautico. Anche il reato di naufragio colposo resta ancora al vaglio della procura. Certo è che il gip ha ravvisato, a carico di Patrick Kassen, gravissimi profili di colpa e una condotta tali da indicarne la spregiudicatezza e l’assoluta indifferenza per i valori della vita umana e della incolumità personale. La custodia quindi è in carcere: per ora la difesa non ha chiesto misure alternative.