Dalla montagna alla città il turismo continua a soffrire
Nelle strutture ricettive si registra un calo del 50% Gli albergatori: «Una piena ripresa dal prossimo anno»
La montagna è un deserto («qualcosa inizia a muoversi ma di fatto le strutture ricettive sono ferme da febbraio 2020»), la città continua a soffrire l’assenza dei businessmen, che comunque non brilla nei mesi estivi, e la provincia vive di mordi e fuggi da fine settimana e poco più.
Il quadro del turismo, in sintesi, dopo mesi di calma piatta non è stato stravolto (in meglio) dall’arrivo dell’estate, anche se tra luglio e agosto è atteso un aumento delle presenze di italiani ma anche stranieri. A farne le spese, ancora una volta, sono soprattutto le località montane, dove, nonostante il meteo favorevole, la stagione non è ancora partita e l’arrivo degli appassionati è intermittente: si accende flebile nel weekend per spegnersi quasi del tutto durante la settimana. La panoramica è del vicepresidente di Federalberghi Brescia Alessandro Fantini: «Sul territorio bresciano stiamo registrando una media del 50% di presenze in meno rispetto al passato». Comunque meglio dello scorso anno, quando il calo, ancora da quantificare al centesimo, «ha toccato approssimativamente picchi dal 60 al 70%».Il comparto turistico (e di riflesso il settore alberghiero) è tra quelli più colpiti dall’emergenza: nel solo 2021 sono state cancellate le partenze di Pasqua e quelle per i ponti festivi. E la stagione turistica in alcune zone — specialmente in quelle di montagna — è ferma a un’altra epoca, quella pre-pandemia. Non va meglio in città, dove le presenze negli hotel non superano in media il 25% del tasso di occupazione delle camere, tra i più bassi di sempre.
Gli hotel, però, sono luoghi sicuri: «Abbiamo redatto un rigido protocollo con la Croce rossa che garantisce la sicurezza delle nostre strutture», sottolinea Fantini.
L’estate è partita, dunque, tuttavia per dichiarare finito lo stato di emergenza del comparto «bisognerà aspettare settembre», mentre per una vera ripresa l’orizzonte si allarga ulteriormente: «Pensiamo che arriverà tra il 2022 e il 2023». E ben venga allora, una volta di più, la concomitanza con la Capitale della cultura, a patto però di saper sfruttare l’occasione per ampliare il bacino turistico. Perché nel Bresciano «serve un ulteriore salto di qualità. Oltre alle offerte culturali e vacanziere in genere dobbiamo concentrarci sull’apertura di
nuovi flussi, come quello sportivo e fieristico», dichiara il vicepresidente dell’associazione degli albergatori.
Si muove in questa direzione il progetto di Visit Brescia dedicato al turismo d’affari, con Camera di Commercio e Federalberghi, rivolto al mondo congressuale e ai viaggi di lavoro. Al tavolo manca però un protagonista di peso: la Provincia, che, evidenzia Fantini, «non ha ancora confermato la propria disponibilità progettuale e economica, fondamentale per la riuscita del piano». Che comprende la riqualificazione delle stesse strutture: a questo proposito l’annuncio della possibilità per gli alberghi di accedere al superbonus è accolto come «un passo avanti, sempre se poi sarà confermato. Per competere nel mondo del turismo servono strutture adeguate». A voler guardare il futuro con ottimismo la crescita che si sta iniziando a intravedere dovrebbe essere l’inizio di un cammino di risalita.
Intanto bisogna fare i conti con l’estate 2021, sospesa tra un «prima» che risente degli effetti dell’emergenza sanitaria e un «dopo» che risulta difficile da interpretare e ancor di più da scrivere.
C’è poi il problema della carenza di organico nelle strutture ricettive: «È difficile trovare collaboratori stagionali. Molti rinunciano perché ricevono aiuti economici dallo Stato, in primis il reddito di cittadinanza. A incidere è però anche una componente di incertezza: lo scorso anno — ricorda Fantini — abbiamo dovuto chiudere improvvisamente a settembre: tanti temono di trovarsi di nuovo senza lavoro da un giorno all’altro».
E qualcuno è ancora in attesa di riprenderlo, quel lavoro interrotto ormai mesi fa. In città sono tre le strutture alberghiere che non hanno più riaperto nonostante il via libera agli spostamenti, segno che l’emergenza coronavirus ha lasciato (e sta lasciando) solchi profondi. E la ripartenza non è per tutti.