Fuori dal ghetto psichiatrico grazie a un orto da curare
Non più ghettizzati ma inclusi nel cuore pulsante del paese. È questa la caratteristica del nuovo orto a Nave, che sarà curato dai pazienti psichiatri. Un piccolo appezzamento all’interno di Villa Zanardelli che sarà adibito alla riabilitazione di chi è in cura nell’unità operativa 20 Gardone, la struttura che cura i disturbi mentali dei residenti della Valtrompia.
Non più «ghettizzati» ma inclusi nel cuore pulsante del paese. È questa la caratteristica più importante del nuovo orto a Nave, che sarà curato dai pazienti psichiatri. Un piccolo appezzamento di terreno di 230 metri quadrati all’interno di Villa Zanardelli sarà adibito alla riabilitazione di chi è in cura nell’unità operativa 20 Gardone, la struttura complessa dell’Asst Spedali Civili che svolge attività di diagnosi, cura e riabilitazione dei disturbi mentali a favore di persone residenti in Valtrompia. Ieri mattina l’inaugurazione, alla quale hanno partecipato il sindaco di Nave, Matteo Franzoni, e tutte quelle realtà che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto. Tra di loro tanti volontari, il Cai e il Bcc che ha contribuito con una donazione. Non è la prima volta che la coltivazione di un orto viene declinata quale strumento di cura per chi combatte contro il disagio mentale: per diversi anni in Valtrompia ce n’è stato uno a Villa Carcina. Ma la situazione non era l’ideale. Si trattava di una zona lontana dal paese, accanto alla ciclabile del Mella. Dentro Villa Zanardelli, invece, è tutta un’altra storia. La residenza è molto frequentata da coloro che abitano a Nave, c’è chi ci va a passeggiare, a fare un pic nic, l’amministrazione comunale organizza eventi e iniziative e ci sono mini alloggi e un centro di aggregazione per anziani. «Il valore aggiunto di questo orto è che i pazienti sono in mezzo alla popolazione: lavorare a contatto con la gente -— spiega Giovanni Conte, responsabile del Centro psico sociale dell’unità operativa della Valtrompia — è importantissimo per farli uscire dal ghetto della psichiatria». Per ora dell’orto si occuperanno sei pazienti — tutti seguiti da anni e stabili ma che tendono ad autoisolarsi — che saranno accompagnati da un’infermiera una volta alla settimana. L’obiettivo però è quello di estendere il prima possibile quest’opportunità anche ad altri. Oltre al terreno ci sono un capanno per gli attrezzi e una zona all’ombra per potersi sedere. Coltivare un orto significa inoltre stare all’aperto. «Il contatto con la natura e i ritmi delle stagioni — prosegue Conte — sono fondamentali per sviluppare il proprio sé, la propria identità. Questo genere di attività riabilitativa è complementare a tutte le altre messe in atto dalla nostra uop». L’orto a Villa Zanardelli «è l’ennesimo passo — sottolinea il responsabile del Cps — concerto e reale, verso quella destigmatizzazione della malattia mentale di cui si parla sempre».
Il progetto
Del terreno si occuperanno i pazienti di Gardone affinché possano stare anche a contatto con chi abita nella zona