Alessia e «lo squalo», nuotatori da podio
Bronzo europeo per la Ossoli nel fondo, Bicelli a caccia del mondiale paralimpico
Federico Bicelli ha ormai raggiunto la popolarità: a soli 22 anni (ora ne ha 23) si è portato a casa una medaglia di bronzo all’esordio nelle Paralimpiadi di Tokyo. Però era una staffetta, ora vuole andare sul podio in una gara individuale nei Mondiali di Funchal, in Portogallo, che scattano domani. Poco più lontano, a Setubal, un’altra bresciana è già salita sul podio. Negli Europei juniores di nuoto ad acque libere (si gareggia in mare), Alessia Ossoli di Lodetto - classe 2004 - ha fatto parte della staffetta mista azzurra che ha conquistato il terzo posto. Per lei, che si divide tra piscina e mare (dove trova la totale libertà), il nuoto è diventato una ragione di vita sin da quando aveva pochi mesi.
Da bambina Alessia non aveva propriamente la percezione del pericolo. Capitava spesso, durante le vacanze estive itineranti della famiglia Ossoli, che si buttasse a mare entusiasta, ma senza braccioli. Si parla ancora di quel periodo della vita in cui l’età si conta in mesi. Ecco perché mamma Lorena si pone la questione. Fermarla non posso, iscriviamola ad un corso di nuoto. La storia di Alessia Ossoli, fresca di bronzo agli Europei Juniores di fondo a Setubal, Portogallo, nella staffetta mista, inizia così.
«Entrai per la prima volta alla piscina di Travagliato quando avevo tre anni», racconta la classe 2004 di Lodetto di Rovato. Al PalaBlu è radicato il cuore del Gam Team, la società di Giorgio Lamberti e della moglie Tanya Vannini. «Sono cresciuta con loro, dalla preagonistica ad oggi. Mi sono vista sempre e solo in quella squadra. Questo non significa che non ci siano stati dei momenti in cui facevo fatica ad ascoltare al 100% ciò che mi dicevano. Ruotando il
Il primo podio europeo, nella categoria juniores, per Alessia Ossoli (la prima da destra), nella staffetta mista 4x1,25 punto di vista, loro mi hanno vista crescere. Per me ormai è una famiglia, non mi rendo davvero conto di cosa Giorgio rappresenti. Mia zia Erika ogni tanto mi dice: “Ma hai presente che ti allena un campione del mondo?”».
A diciott’anni non è ancora arrivato il momento di scegliere tra vasca e piscina («A fine luglio voglio far bene agli Italiani negli 800 e 1.500 stile»), ma c’è qualcosa di intangibile che la spinge verso gli spazi delle acque libere. Dopo l’avventura a Setubal, quel qualcosa batte dentro ancora più forte. «Mi innamorai del nuoto agonistico in mare al primo “appuntamento”. Era una gara amatoriale in Sardegna, anno 2018. Ho provato un’immensa sensazione di libertà. A volte non vedi il fondo, non sai cosa possa succedere, ciò non ti permette di ragionare troppo in avanti, devi risolvere il presente. Questo mi dà tranquillità. In piscina, al contrario, tendo a pensare a ciò che può accadere nelle bracciate successive e innesco un circolo vizioso di ansia. Ci sto lavorando».
La dimensione privilegiata rimane quella che va oltre i 50 metri di lunghezza. «Ogni esperienza in manifestazioni internazionali aumenta il mio bagaglio del 50%, così mi dice il mio staff, anche perché sono costretta ad allenarmi in piscina. A Setubal, poi, è stato incredibile. Il passaggio dal lago all’oceano ha stravolto tutti i miei riferimenti, gestire correnti e onde ha molto a che fare con la strategia, bisogna saper cambiare rotta».
La prossima rotta potrebbe portarla in direzione Seychelles, per i Mondiali in programma a metà settembre. Dall’Atlantico all’Indiano. «Sarebbe magnifico. Il 3 luglio a Piombino parteciperò alle selezioni della Nazionale, dovrei arrivare prima di categoria per essere sicura di un posto. Ci sarà da pedalare».
La piscina e il fondo
Lamberti mi invita a non scegliere tra vasca e mare, in corsia però ho più ansia nelle gare