Musica ribelle da record
Domani Green Day all’Ippodromo Già 45 mila biglietti venduti per la band simbolo del pop punk
Inumeri sciorinati dall’organizzazione parlano di più di 130 mila biglietti venduti in tre giornate, con la punta di 65mila spettatori al concerto degli Imagine Dragons. Cifre prevedibili per gli I-Days 2022, il super festival rock che chiude i battenti domani con il ritorno a Milano dei Green Day, la band che detiene il record di biglietti venduti nel nostro Paese, circa 210mila nel 2017. Questa volta, per vederli dal vivo all’Ippodromo, si sono già prenotati in 45mila, un numero destinato a crescere tra oggi e domani. La band di punta del punk revival californiano non demorde e prova a spiazzare i fan, pronti ad accorrere in massa per ascoltare dal vivo inni generazionali come «American Idiot», «Know your enemy» e «Basket case». Il trio di Berkeley guidato da Billie Joe Armstrong oltre a pescare dal vecchio repertorio presenta i brani dell’ultimo album «Father of all Motherfuckers», ispirato al rock’n’roll anni ’50, unendolo alle chitarre distorte, ma sempre con riflessioni sulla politica, l’amore, la morte, la nostalgia dei bei tempi andati.
Mentre la storia dei Green Day viene spesso raccontata come a partire dall’uscita di «Dookie», il loro primo album per una major, la band si è esibita e pubblicato musica per quasi un decennio prima dell’uscita in studio. La scena punk californiana era al suo apice e l’epicentro era il club 924 di Gilman Street di Berkeley. I suoni del movimento erano definiti da ciò che non era: non pop, non commerciale e nessun supporto di grandi case discografiche. Con un perfetto modello di breve «canzone ribelle» per teenager arrabbiati ma anche bisognosi di eccitazione e divertimento, i Green Day diventano popolari senza essere iconoclasti come i Sex Pistols o goliardici come i Ramones; poche rockband possono vantarsi di essere state così osannate per 30 anni e di aver venduto 90 milioni di dischi in tutto il mondo.
Per capire il successo dei Green Day bisogna tornare ai tempi in cui spiccarono il volo a Berkeley, nel 1993, in piena era Mtv. Mentre si stava consumando l’ultima rivoluzione rock, il grunge, loro, Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Tré Cool, amici dai tempi della scuola, inventano un nuovo genere senza seppellirne un altro. Citano il punk, lo addolciscono col pop, melodie dolci, il tutto a velocità supersonica, adrenalina e humour. Nasce così l’era del crossover.
I Green Day non hanno inventato il pop-punk. The Ramones e Buzzcocks avevano già mescolato energia punk con contagiosi sprazzi pop, ma sono stati loro a farlo esplodere nel mainstream, influenzando molte band venute dopo: tra questi, Fall out boys, Blink-182, ma anche artiste come Billie Eilish e Lady Gaga, che li citano spesso nelle loro interviste. Nel loro brano più famoso «Basket case», cantano «A volte la mia mente mi gioca brutti scherzi, penso di crollare», condividendo ansia e crisi di panico. I tre, ormai cinquantenni, hanno catturato l’irrequietezza angosciata degli adolescenti americani di fine e inizio millennio e per questo motivo stanno ancora attirando nuove folle. Secondo la loro etichetta, Sony, il 49 per cento dei loro streamer regolari ha meno di 30 anni.