Il «welfare» dello spaccio: auto aziendale e tfr ai pusher Smantellate due bande
Busto Arsizio, 12 arresti. Sequestrati circa 300 chili di droga
VARESE Andare piano in macchina, non dare nell’occhio, sorvegliare la polizia e riferire a chi decide e ha bisogno di informazioni per mandare avanti un’organizzazione attenta a non sbagliare nulla perché la posta in gioco è alta, centinaia di clienti da rifornire, «bancomat» che non possono fare a meno della dose giornaliera di coca: la contabilità dei capi, due fratelli marocchini, ne contava quasi 500. Poi succede che un’auto con a bordo un conducente su di giri perché ha appena «pippato» viene fermata da una pattuglia con agenti che decidono di approfondire.
È il bandolo della matassa che ha portato all’arresto ieri mattina, di 12 persone, 11 finite in carcere e una all’obbligo di firma, risultato di un’operazione della polizia guidata dal vice questore Franco Novati e coordinata dalla Procura di Busto Arsizio. Sono stati messi ko due gruppi di spacciatori che gestivano affari in comune fra Varesotto e Alto Milanese, e tolti dalla strada quintali di droga: in tutto nel corso dell’attività, partita nel 2020, sono stati sequestrati 150 chili di hascisc e 130 grammi di cocaina e contestate cessioni per 275 chili di «fumo» e 13 di cocaina. Spacciatori, sì, ma non nei boschi: entrambi i gruppi sono considerati come i possibili fornitori dello spaccio al dettaglio che non più tardi di una settimana fa ha visto un ferito in una sparatoria nei boschi del Varesotto, e due morti da inizio anno considerati vittime della guerra per il controllo del territorio. Per gestire uno smercio così importante il gruppo di Busto Arsizio, gestito da due fratelli marocchini, era organizzatissimo e ossessionato dalla polizia, che cercava di controllare fotografando le targhe dei veicoli in borghese. Le conseaccedere gne avvenivano dopo accordi telefonici e nelle vie della città. L’organizzazione era verticistica e imprenditoriale, con i «cavalli» della droga assunti con precisi accordi che comprendevano entità dei compensi — compresi vitto e alloggio — condizioni e orari di lavoro, assistenza legale e quello che gli stessi investigatori hanno battezzato come un «trattamento di fine rapporto» in caso di arresto. Era prevista la fornitura di «auto aziendale» e la possibilità di a finanziamenti: una sorta di welfare dello spaccio, insomma. Per la paura di intercettazioni venivano spesso cambiate auto, sistemi simili a quelli adottati dal secondo gruppo smantellato attivo più a sud: sempre marocchini che sfruttavano i gps per controllare i trasporti di droga. Ma in due casi sono stati scoperti: una prima spedizione viene fermata in tangenziale a Milano a settembre, un secondo carico è stato intercettato dalla Polstrada con un inseguimento a 200 all’ora fra Arenzano e Ovada sulla A26, quando i trafficanti entrati in Italia dalla Francia attraverso Ventimiglia hanno abbandonato l’auto con la droga fuggendo, chi a piedi e chi a bordo di altre due vetture di grossa cilindrata utilizzate come scorta e staffetta: viene loro contestato il trasporto di 120 chili di hascisc e l’importazione dalla Spagna di altri 150 chili della stessa sostanza.