Corriere della Sera (Brescia)

Ciao amore ciao

Corini lascia il suo Brescia: «Si chiude un cerchio». Possanzini guiderà la Primavera

- di Luca Bertelli

"Cellino Ci siamo sforzati per andare in A, ma senza il filtro di Marroccu era già andata male

I rimpianti Ci bastava la vittoria a Cittadella, ma avrei voluto giocare con il Monza senza infortuni

"Sapevo che sarebbe stato breve Mi sono guardato dentro, non ce l’avrei più fatta

Via un bresciano puro, dentro un bresciano acquisito: nel giorno in cui Eugenio Corini, da signore, lascia la città convocando una conferenza stampa, Massimo Cellino riparte da Davide Possanzini (il capitano della penultima promozione, ex vice di De Zerbi) in panchina. Solo per la Primavera, ma è una mossa che non appare casuale per mantenere quel filo con l’appartenen­za che la rerie scissione con Corini - e la sicura cessione di Cistana sembrava aver spezzato.

Il Genio se ne è andato nel suo stile, a testa alta e senza sbattere porte, rivendican­do però con legittimo orgoglio i successi di un ciclo iniziato nel 2018 e conclusosi meno di un mese fa, alla terza tappa, con una sconfitta dolorosa (a Monza, nella semifinale play off) che non lascia però una cicatrice più profonda rispetto ad altre ferite del passato. Chi pensa alla stagione in SeA, non si sbaglia: «Il rimpianto è di non aver potuto giocare quel campionato intero - spiega - quest’anno il margine di errore era bassissimo, volevo lasciare la squadra dove l’avevo portata: la spinta era enorme, purtroppo non ci siamo riusciti e sarebbe bastato, forse, vincere a Cittadella. Ma rifarei quella scelta, avevo grande energia. Questa è la chiusura di un cerchio. Per me non c’è mai stato un Corini ter -continua - perché il secondo esonero (nel febbraio 2020, ndr) l’ho vissuto come una sospension­e: è un ciclo che si chiude con tante emozioni. So di aver lasciato qualcosa, io mi porto dentro il legame con la città, che ringrazio, e con la squadra».

Ora che è tutto finito, Corini spiega il perché della rescission­e consensual­e (aveva un contratto fino a giugno 2023) e svela che il legame con Cellino si sarebbe interrotto anche in caso di Serie A: «Avrei voluto lasciare la squadra dove l’avevo portata nel 2019, con il direttore Marroccu abbiamo deciso di giocarci il tutto per tutto nella consapevol­ezza che sarebbe poi finita a prescinder­e dalla categoria: resto convinto che la squadra avesse le potenziali­tà per farcela. In Serie A, senza un filtro dirigenzia­le, tra me e il presidente era già andata male. Io sapevo sarebbe stata una cosa breve, l’obiettivo della promozione era troppo importante sia per me sia per Cellino: ci siamo sforzati in questi mesi, posso dire di aver

lavorato bene e di lasciare senza rancore. Però mi sono guardato dentro e mi sono detto che non ce l’avrei fatta più a restare, non me la sarei sentita eventualme­nte di tornare se fossi stato richiamato: con il presidente la chiusura è stata degna». Un pensiero anche per Balotelli («Gli fa difetto la continuità, ma con me si è sempre sforzato e non dimentico l’entusiasmo per il suo arrivo») e per i pupilli Cistana e Torregross­a, diventati giocatori veri sotto la sua gestione: «Andrea l’ho visto crescere tecnicamen­te e caratteria­lmente, Ernesto non sa quanto sia forte: io l’ho spinto solo dal punto di vista emotivo». Del domani non v’è certezza: Genio potrebbe ripartire dal Pisa, reduce da un play off perso come il Brescia. Che ora guarderà da lontano. Ciao amore ciao.

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