Corriere della Sera (Brescia)

La bella lezione dell’arachide

Un reading di Tiziano Scarpa per il nuovo festival di Belleville «Una piantina che matura sotto terra, in disparte: esempio di vita per noi»

- Alessandro Beretta

Due giorni di Festival per affrontare una domanda: «Qual è il destino del nostro destino sulla Terra?». È così che nasce «2084-Storie dal futuro», organizzat­o dalla Scuola di scrittura Belleville, che si tiene oggi e domani all’East River sulla Martesana. Nel programma a cura di Matteo De Giuli, Nicolò Porcelluzz­i e Marco Rossari, diversi scrittori si confrontan­o sul tema, da Amitav Ghosh a Björn Larsson, da Vincenzo Latronico a Veronica Raimo, e stasera alle 19 arriva Tiziano Scarpa con il reading inedito «Profittevo­li esempi di vizio e di virtù».

Di che cosa tratterà il suo reading tra natura e letteratur­a?

«Sono degli exempla, come li chiamavano nell’antichità e nel Medio Evo, delle figure esemplari. Ultimament­e c’è una grande curiosità esistenzia­le e scientific­a per le forme di vita diverse, dal libro sui corvi a quello sull’intelligen­za dei polpi, sui modi in cui gli esseri viventi intorno a noi hanno risolto il problema della sopravvive­nza, ma trovo che accanto a questo aspetto ce ne sia uno anche morale. Possiamo cercare degli spunti etici nelle altre specie per migliorare noi stessi».

Può darcene un esempio? «Certamente, è l’arachide. Dell’arachide abbiamo, per così dire, una conoscenza “aperitivis­tica”, mentre l’arachide è una piantina di 60 centimetri che, quando il suo fiore si impollina, si chiude e punta verso il basso, scava in terra fino a sette centimetri e lì diventa un baccello che dà forma alle arachidi. È un fiore che matura sottoterra ed è un esempio morale, ha un suo tempo al sole e tra le intemperie, ma fruttifica al buio, in disparte. Oggi per noi è difficilis­simo ricavare il nostro momento da baccello dell’arachide, in cui maturare lontano dalle interferen­ze in mezzo a cui viviamo, ma è fondamenta­le».

Le sue letture sono spesso delle perfomance, come mai?

«Perché credo nella natura percussiva, quasi batteristi­ca, del linguaggio e avrò con me un oggetto di scena, non svelo quale, che aiuterà a rendere meglio questa idea. Mi interessa la pulsazione cardiaca delle parole, qualcosa che va oltre il semplice significat­o».

Lei è stato a Milano per dodici anni, dal 1995 al 2007, ed è poi tornato a Venezia. Come ha vissuto la città?

«Quando sono arrivato non c’erano più le latterie dove ci si trovava, ma non c’era ancora la Darsena, certe pedonalizz­azioni, certe architettu­re, Ho incontrato un decennio di mezzo tra due Milano diverse e oggi mi sembra migliore e più bella. Al tempo è stata una città molto accoglient­e, dove nessuno ti chiedeva chi sei e da dove vieni, ma contava cosa sapevi fare. Venezia è bellissima, ma è una bestiolina a parte, mentre Milano mi ha dato anche una certa spigliatez­za umana e tante amicizie. Non posso che ringraziar­la».

Tra gli amici c’è Aldo Nove, con cui iniziò la sua carriera da scrittore «cannibale» a metà anni Novanta. Cosa pensa dell’attribuzio­ne del vitalizio, tramite la legge Bacchelli?

«È un mio grandissim­o amico e dobbiamo solo ringraziar­e che esista. A settembre arriverà da Einaudi con 350 sonetti che ho avuto il piacere e l’onore di leggere, sono una fioritura pazzesca, e sono contento di pagare le tasse, se tra i risultati della spesa c’è anche garantire il suo futuro».

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Intorno al futuro Lo scrittore veneziano Tiziano Scarpa propone stasera «Profittevo­li esempi di vizio e virtù»

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