Rolfi: «Ora più acqua dai laghi»
«Prelievi in deroga ai livelli minimi e zero rilasci verso il Po: priorità ai nostri campi»
«Tra 10 giorni i 5 milioni di metri cubi rilasciati dalle dighe idroelettriche in quota saranno finiti. Dobbiamo prelevare più acqua da Sebino, Idro, Garda per irrigare i campi della Bassa tutelando la produzione alimentare, fondamentale in questo periodo». Questo il piano a brevissimo termine dell’assessore regionale all’Agricoltura, Fabio Rolfi, che domani dirà il suo «no» alla cabina di regia interregionale che chiede più rilasci d’acqua dal Garda per salvare il Po in secca: «Dobbiamo dare priorità ai nostri campi».
Per affrontare la siccità più dura di sempre serve agire su due livelli: quello emergenziale — con il prelievo straordinario di acqua dai laghi per irrigare i campi (come previsto dalla legge Galli) e non regalando oro blu al fiume Po — e quello a medio termine, realizzando i tanto attesi bacini idrici per la raccolta d’acqua piovana ma anche finanziando tipologie di irrigazione meno dispersive (a goccia, sotterranea ma anche con droni). A dirlo è l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi.
Assessore, la situazione è drammatica. Ci fornisce qualche numero?
«Non c’è quasi più acqua. D’accordo con Enel, A2A, Edison dagli invasi idroelettrici alpini verranno rilasciati a valle per le necessità dell’agricoltura,5 milioni di metri cubi nei prossimi 10 giorni. Poi è finita. Perché questi invasi contengono la metà delle riserve idriche della media storica. Dal 2023, con la nuova legge regionale sulle concessioni idroelettriche, potremo avere maggiori prelievi, ammesso che ci sia l’acqua. La situazione è terribile, non solo nel Bresciano, dove tra Travagliato, Torbole, Trenzano non arriva acqua dalla seriola alimentata dall’Oglio e quindi i raccolti stanno morendo: nel Pavese e Cremonese stanno trinciando il mais anziché aspettare la crescita della pannocchia perché destinato a morire in campo».
Chiederete al Governo lo stato d’emergenza o di calamità?
«Riguardo allo stato d’Emergenza, se dichiarato, impone l’utilizzo delle risorse idriche prioritariamente per le esigenze umane, poi per quelle agricole: visto che il cuneo salino dall’Adriatico è risalito lungo il Po di oltre 15 chilometri e mette a rischio gli acquedotti del Ferrarese dovremmo rilasciare più acqua dal lago di Garda impoverendo l’agricoltura lombarda. È una guerra tra poveri ma io non sono d’accordo e lo dirò lunedì (domani, ndr) alla cabina di regia interregionale. Per quanto riguarda lo stato di calamità naturale la richiederemo certamente una volta che si avrà la certezza dei danni subiti dai raccolti».
Nell’immediato cosa si può fare per evitare perdite nei raccolti che possono arrivare anche al 40%?
«Se necessario dobbiamo prelevare più acqua dal lago d’Iseo, Idro e Garda, andando anche sotto i livelli minimi stabiliti. Tutti devono capire che se avremo meno raccolti avremo meno cibo, che costerà di più e aumenterà a sua volta l’inflazione. Già ci aspetta un autunno complicato, non andrei a esasperare ulteriormente la situazione».
Poi ci sono le politiche di medio e lungo termine.
«Per garantire marginalità alle aziende usando meno acqua l’unica strada è quella dell’innovazione. Non è semplice in questo periodo: dei 10 milioni messi a disposizione da Regione nel 2022 per migliorare il sistema irriguo andando a coprire il 40% degli investimenti del singolo coltivatore, ne sono stati richiesti solo tre. Il problema è che ogni azienda ha acceso in media tre
"Svuotare Sebino e Idro Finiti i rilasci d’acqua dagli invasi idroelettrici va presa dai laghi anche scendendo sotto i livelli minimi: ne va del futuro dell’agroalimentare
mutui. Vanno usate bene e subito le risorse del Pnrr: 1 miliardo per l’agrifotovoltaico, 1,5 miliardi per il biogas, 500 milioni per l’innovazione nella meccanizzazione. Peccato non sia partito ancora alcun bando. L’agricoltura 4.0 deve sfruttare le opportunità dell’irrigazione sotterranea, dell’uso dei droni. Dobbiamo accompagnare le aziende in questo passaggio con incentivi adeguati. Ne va del futuro delle nostre filiere, delle nostre Dop. Poi c’è tutto il discorso riguardante l’uso di sementi cisgeniche, più resistenti a siccità e insetti. Purtroppo ci sono ancora limiti ideologici enormi e un impianto normativo medioevale che non le rendono utilizzabili».
Ed i bacini d’accumulo idrico? Lei ha stanziato più di 10 milioni per la realizzazione di due invasi a Calcinato e Castrezzato, che fine hanno fatto?
«Regione i soldi li ha versati sono i consorzi che li devono realizzare. Certo, c’è tanta burocrazia, il rincaro dei materiali, ma vanno fatti al più presto».
Legambiente ed i Fridays for Future chiedono un ripensamento dell’agricoltura tradizionale, incentrata troppo sul mais, coltura molto idrovora, che serve esclusivamente a mantenere la nostra zootecnia.
«Sono posizioni legittime ma partono da una visione completamente diversa: rinunciare al mais vuole dire rinunciare agli allevamenti intensivi, quindi alle Dop del Grana, del Parmigiano, del Crudo di Parma. Ricordo che l’Italia è ben lontana dall’autoconsumo alimentare: 2 bistecche su 3 arrivano dall’estero, in primis da Argentina e Brasile che con gli allevamenti estensivi, anziché intensivi, disboscano migliaia di ettari di foreste. Io credo che grazie all’innovazione la nostra agricoltura possa essere più sostenibile: eccellenza agroalimentare e ambiente possono trovare un punto d’equilibrio».
La guerra tra poveri Ci chiedono di rilasciare più acqua dal Garda per salvare il Po ma così ci saranno meno risorse per la nostra agricoltura: io non sono d’accordo