Gioco d’azzardo un problema per 25 mila
Più competenze per sostenere processi di alfabetizzazione Un problema sommerso, in cura con Ats poco più di trecento persone. Il punto sulla situazione grazie a una ricerca elaborata da Cerisvico della Cattolica
Comprendere e fronteggiare il gioco d’azzardo patologico promuovendo salute e sviluppo di comunità. È nel titolo della ricerca presentata ieri in università Cattolica il cambio di sguardo sulla ludopatia. I numeri dei ludopatici in Italia fanno impressione: 1,3 milioni di persone. Nel Bresciano stiamo parlando di circa 25 mila persone con problemi col gioco.
Comprendere e fronteggiare il gioco d’azzardo patologico promuovendo salute e sviluppo di comunità. È nel titolo della ricerca presentata ieri in università Cattolica il cambio di sguardo sulla ludopatia. I numeri dei ludopatici in Italia fanno impressione: 1,3 milioni di persone, un volume di spesa vicino ai 100 miliardi di euro all’anno (più del 5% del Pil!).
Tradotti nel bresciano stiamo parlando di circa 25 mila persone che hanno problemi col gioco d’azzardo, solo 328 dei quali nel 2021 sono presi in carico dalle strutture dell’Ats. Esiste un grande sommerso, un rimosso, che impone di far comunicare di più la rete di sostegno che pure esiste e di creare maggiore consapevolezza. La ricerca presentata ieri vede come soggetti protagonisti il Cerisvico
della Cattolica, Centro di Ricerca sullo sviluppo di comunità e la convivenza organizzativa, e l’Ats Brescia inserendosi nel solco del piano nazionale e regionale di cura e riabilitazione delle persone con problemi di dipendenza da gioco d’azzardo (1,3 milioni di euro stanziati all’Ats di Brescia nel periodo 20192022).
L’obiettivo — come spiegato ieri dal direttore sanitario dell’Ats Brescia Laura Lanfredini — è promuovere l’aumento di conoscenze e competenze finalizzate a sostenere processi di alfabetizzazione sanitaria diffusi, potenziare i programmi di prevenzione in scuole e luoghi di lavoro, accresce le capacità di diagnosi precoce a livello territoriale. La prima parte dell’indagine è stata di tipo qualitativo e ha coinvolto circa 80 tra operatori, familiari e utenti dei servizi, farmacisti, medici, esercenti delle sale da gioco, assessori. Uno sguardo a tutto tondo dal quale emergono come linee di tendenza solitudini diffuse, mancanza di reti sociali adeguate, una diffusa sottovalutazione della gravità e dimensione del fenomeno. «C’è un tema di responsabilità sociale e di generatività sociale — osserva la direttrice del Cerisvico dell’università Cattolica Elena Marta —. Interrogandoci su come è possibile intercettare il fenomeno, facendo quindi prevenzione, e su come mobilitare le risorse del territorio».
Un approccio di salute di comunità: «Se altre persone stanno male, nemmeno noi possiamo stare bene», ricorda Elena Marta. La prima fase della ricerca è servita a mettere le basi per la seconda parte dello studio, che interrogherà invece direttamente i cittadini dei territori di Brescia e Trenzano, Comuni scelti per rappresentare la città di medie dimensioni e la provincia profonda. Il questionario, anonimo, indaga su percezione della qualità della vita, relazioni, senso di appartenenza, reti sociali, lavoro. Il questionario circolerà nei punti comunità e coinvolgerà anche le reti di chi ha partecipato alla prima fase ma è compilabile anche dai singoli cittadini (attraverso il sito dell’Ats o sul sito https://tinyurl.com/ricercagap. In autunno ci sarà l’elaborazione dei dati e successivamente ci sarà un incontro pubblico di condivisione.
Una ricerca partecipata, per creare consapevolezza, e per definire azioni pubbliche e di comunità, come è stato ricordato ieri anche dal direttore di sede Giovanni Panzeri e dal coordinatore delle strategie di sviluppo della sede bresciana Mario Taccolini.