Diventerò l’Al Bano della musica indie «Con i miei ex coinquilini produco vini naturali»
Lanciando il tour nei palazzetti che lo ha tenuto impegnato tra maggio e inizio giugno, Dario Brunori, in arte Brunori Sas, aveva sottolineato come tornare a suonare dopo due anni di pandemia e con i venti di guerra che tirano fosse un dovere, oltre che un piacere. Non è un caso che il cantautore di Cosenza abbia ora inaugurato una serie di nuove date, questa volta all’aperto, che domani lo porteranno al Milano Summer Festival. Un’occasione per ripercorrere una carriera che in poco più di 10 anni, dopo una lunga gavetta, lo ha visto conquistare una platea ampia e trasversale, collezionare sold out e premi, firmare colonne sonore, sbarcare in tv con un suo programma. «Il problema è che non posso più lamentarmi», scherza lui, classe 1977.
Ha capito in che cosa è bravo?
«Forse nel non prendermi molto sul serio. Ho un lato comico legato al mio amore per la stand-up comedy di George Carlin, Bill Hicks, Ricky Gervais, e mi sta portando fortuna».
Nelle sue canzoni c’è ironia, ma non solo, basti citare «L’uomo nero», che parla di razzismo.
«Brani come quello o anche “La verità” sono necessari, me ne rendo conto ogni volta che li propongo dal vivo, quando vedo quanto bisogno ci sia di quel rito collettivo che è il concerto, in cui ci si ritrova e si usa lo strumento del canto per il motivo per cui sono nati i canti, ossia per esorcizzare. È l’aspetto liberatorio della musica: ultimamente, più che le parole intese come testo, mi interessano le parole come veicolo che consente di liberarsi anche fisicamente, alzando le mani, le braccia, cantando e urlando».