Aimo e Nadia, 60 anni di passione
Bernstein disse di loro: «Il vostro spaghetto è come la Nona di Beethoven»
Aimo Moroni è un ragazzino quando lascia Pescia, provincia di Pistoia, e arriva a Milano con mamma Nunzia, cuoca in grandi famiglie blasonate di Francia e Toscana. Nel 1955 la famiglia prende in gestione una trattoria vicino alla Centrale. Poi arriva Nadia, ha 11 anni, anche lei a Milano per «guadagnarsi il pane». Dice Aimo, 89enne: «Veniamo da una famiglia contadina, il nostro palato si è formato sul sapore della terra. Il comandamento di mia madre era: “il bono vince”. La spesa decide l’esito di un ristorante: per trovare il miglior dentice o il cavolo nero più turgido bisogna levarsi al buio». Nadia, 82enne, ci racconta sottovoce, mentre il marito è distratto: «Aimo cucinava, mi faceva assaggiare e io dicevo “manca qualcosa”. Lui trovava quel qualcosa e il piatto diventava perfetto. Ci completavamo, fianco a fianco per 60 anni».
Nel 1962 i Moroni aprono in via Montecuccoli, zona Primaticcio, allora piena periferia, la Trattoria da Aimo e Nadia. Erano gli anni d’oro dei ristoranti toscani in una città di cultura gastronomica provinciale. Subito Milano capisce che da Aimo e Nadia si respira un’aria diversa. In cucina si servono legumi, pesci con un filo d’olio, lardo con purè di legumi e finocchietto, qualche frattaglia, verdure di stagione. «Cotture semplici, niente spezie, ma erbe a tutto sole», dice Aimo. Piatti che solo un analfabeta del gusto definirebbe poveri. «Un comquista mi diceva “mi vegni no chi per mangià la scigula (cipolla, ndr)”, poi spazzava le portate», ricorda Aimo. Sicuramente anche lo spaghetto al cipollotto, diventato leggenda, il piatto più richiesto: molti lo ordinano al posto del dessert. Il professor Umberto Veronesi, davanti alla sua cucina esclamava: «Aimo, tu vendi sapori e salute». Il papà di «Striscia la notizia», Antonio Ricci, diceva: «Aimo, io ho messo al mondo le mie figlie, tu le hai svezzate a pane e pomodoro». Il musicista Leonard Bernstein trovò un ardito paragone: «Il vostro spaghetto è come la Nona di Beethoven». E lo chef Massimo Bottura: «Aimo, la tua cucina è come la bandiera italiana».
Prima delle mode attuali, promuovere il territorio e la stagionalità più rigorosa, essere orgogliosi della cultura contadina, evitare gli sprechi, erano i punti fermi della coppia di giovani toscani alla conmendatore di Milano. Sono passati 60 anni. Il Luogo di Aimo e Nadia, due stelle Michelin, fa parte dell’associazione Relais & Chateaux e Les Grand Tables du Monde. Ha resistito a tutte le correnti e la squadra è fedele alla linea: esaltare attraverso grandi ingredienti la cucina italiana. Dal 2012 la guida del ristorante è passata agli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani: con Stefania Moroni, figlia di Aimo e Nadia, proseguono il percorso. E per l’anniversario di diamante, sono in calendario (da qui a fine anno) sei esclusive cene degustazione, dedicate ai piatti icona di ogni decennio.
Cucina marocchina «addomesticata» e un pizzico di folklore