Acquisti a rilento Sconti in anticipo la moda si adegua
Massoletti è sereno: le previsioni sono buone
Tra consegne ritardate e lo scetticismo dei consumatori, che hanno chiuso i rubinetti per l’inflazione crescente, la stagione della moda non è ancora decollata. In alcuni negozi, la carta degli sconti in anticipo — in attesa dei saldi ufficiali dal 2 luglio — è divenuta obbligata per cambiare il trend. Se i negozianti ricordano che «Brescia non è Milano», Carlo Massoletti di Ascom invita però all’ottimismo: «Rallentamenti a causa del Covid, ma le previsioni sono buone: la moda non risentirà della speculazione».
Finita la claustrofobia pandemica, la reclusione domestica in tuta antiestetica e l’astinenza dalle esibizioni stilistiche, per la moda sono iniziate altre scocciature: le consegne in ritardo e imprevedibili, l’aumento delle bollette e la tirchieria preventiva dei clienti hanno boicottato le vendite della primavera/estate. Nemmeno i soliti ricchi imbizzarriti hanno speso le cifre folli della golden age: molti capi sono ancora sulle grucce dei negozi. Per i commercianti, anticipare i saldi è quindi e ormai una mossa inevitabile: gli inviti ai private sale stanno intasando i cellulari. Qualcosa sta iniziando a muoversi. E a muovere le carte di credito.
In Areadocks,gli sconti sono iniziati a metà giugno, dopo lo stalking delle clienti che continuavano a chiedere e pretendere prezzi sartoriali. Ma sono applicati solo a pezzi selezionati: gli ultimi numeri, le ultime misure, i capi pesanti. «La stagione - fa sapere Monica Salassini - è partita un po’ lenta, aggredita dal caldo e rallentata dalle consegne. Le t-shirt sono arrivate prima dei soprabiti, le giacche non sono state consegnate insieme ai pantaloni o alle gonne abbinate». L’inflazione è un presentimento: «I clienti tendo
no a spendere meno. E, se lo fanno, alla moda preferiscono le cene, i viaggi, le coccole nei boutique hotel».
L’evoluzione (o involuzione) dello shopping ha conseguenze: «Da due stagioni, abbiamo iniziato a ridurre la quantità degli ordini puntando sulla ricerca: il consumatore, così, dovrebbe essere sollecitato a comprare in fretta, prima che si esaurisca la merce».
Per Leonardo Borghini, «i grandi marchi sono intoccabili: non li abbiamo mai scontati». In negozio si inizierà «a pulire qualcosa, ma preferisco
vendere per guadagnare: non prendo in giro i clienti regalando a qualcun altro la scarpa che hanno acquistato a prezzo intero».
La stagione è andata bene, dice. Nonostante la taccagneria inevitabile: «Se prima servivi dieci persone, ora ne servi otto. La gente si è impoverita: anche il libero professionista benestante ha iniziato a chiudere i rubinetti». E i fashionisti che vengono in Italia per spendere non vengono in città: «Brescia non è Milano, dove passa tutto il mondo. Si lavora sulla fidelizzazione. E si ordina di meno, ma solo di qualità».
Il caos provoca isterie collettive: «Non si sa più quando iniziano i saldi. Non si può pensare di farli tutto l’anno», dice Roberta Valentini. Il suo negozio, Penelope, offre tentazioni diverse: «Abbiamo allestito più aree: ci sono i capi delle collezioni invernali, che hanno sbandato le consegne e sono arrivati a maggio, quelli in pre saldo e quelli in saldo. Alle clienti noi dobbiamo spiegarlo».
Carlo Massoletti, presidente di Ascom, non dà ancora i numeri ufficiali. Ammette che «la stagione è stata fredda. Da novembre a gennaio, la pandemia ha messo a letto i consumatori e i produttori: la catena di fornitura delle aziende non ha funzionato, le consegne sono state posticipate».
Tuttavia, «la previsione è in crescita per tutti gli otto mila negozi di abbigliamento e calzature in città e provincia. I saldi sono l’occasione per fare ottimi affari». L’inflazione, per ora, non ha infettato i listini: «È sotto la media europea. Le piccole imprese reagiscono all’aumento dei costi di gestione in modo diverso da quelle strutturate: fanno uno sforzo familiare».
Nel lungo periodo, ovviamente, la guerra tra Russia e Ucraina porterà effetti collaterali più evidenti. Tuttavia,«la moda - conclude - sarà meno colpita dalla speculazione che già infligge altri settori, come il food».