Corriere della Sera (Brescia)

Voci dei giusti contro le mafie

Lo spettacolo di Emanuela Giordano per Falcone e Borsellino L’autrice: «Nessuna commemoraz­ione, il nostro scopo è fare riflettere»

- Livia Grossi

Gli spettacoli che evocano la Storia ci fanno capire quanto ricordare sia un atto retorico se non è seguito da una vera presa di coscienza. Uno di questi è «Falcone e Borsellino. L’eredita dei giusti», un lavoro che a trent’anni dalle stragi di mafia di Capaci e di via D’Amelio racconta, con musica, parole e video di repertorio, lo sgomento di quei giorni, ma anche le reazioni spontanee delle persone tra catene umane e lenzuola bianche appese ai balconi. 1992-2022, un’analisi necessaria, che arriva fino ad oggi. A darne voce in scena gli attori del Piccolo Teatro, il soprano Maria Teresa Leva, la musica di Marco Tutino, l’orchestra e il Coro del Teatro Regio di Torino. A firmare drammaturg­ia e regia è Emanuela Giordano.

«Nessuna commemoraz­ione», afferma l’autrice, «non è questo che avrebbero voluto Falcone e Borsellino, né Nicola Gratteri magistrato oggi in prima linea contro la ’ndrangheta, e tutti i cittadini che rischiano la vita contro le mafie. Il nostro scopo è creare una comunità pensante: non bisogna sperare di cambiare, ma mettere in pratica la parola giustizia». Un impegno che la regista condivide dal 2012 con il Palcosceni­co della Legalità, il progetto ideato da Giulia Minoli in collaboraz­ione con il Teatro di San Carlo di Napoli, ma anche con università, associazio­ni, magistrati, giornalist­i e famigliari delle vittime di mafia.

Lo spettacolo in scena stasera è diviso in tre parti , Le Stragi, La Reazione e Il Presente. «La prima è la voce del dolore che ha vissuto l’Italia in quei giorni», spiega la regista, «la seconda racconta il bisogno delle persone di credere in un futuro, un lavoro febbrile di sensibiliz­zazione degli studenti in cui si raccolgono firme e nascono associazio­ni come Libera».

E dopo una commuovent­e poesia di Ignazio Buttitta, «Non mi lasciare solo», si arriva ad oggi, anni in cui la politica si stacca dal Paese. «Stiamo tornando indietro, non siamo più in grado di accogliere gli altri e lasciamo spazio alla mafia che si fa sempre più furba, uccidono meno e inquinano di più. Entrano nella finanza, condiziona­no i giornali, acquisisco­no appalti distruggen­do il libero mercato. Qual è dunque l’eredità dei giusti? Tornare per strada. Il 5 luglio alla Stazione Centrale di Milano ci sarà una manifestaz­ione perché tutto sta accadendo con minor clamore, ma maggiore determinaz­ione».

Lo spettacolo termina con immagini girate nella città di Palermo, metafora dell’Italia di oggi: «Da una parte ragazzi che si divertono con la spensierat­ezza che gli è dovuta dalla loro età, una sorta di inconsapev­ole voglia di non sapere, dall’altra i potentissi­mi occhi di una ragazza che ci interroga sulla nostra voglia di esserci davvero».

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In prima linea Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, assassinat­i nel 1992

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