In centro 50% di negozi con le porte spalancate
Massoletti: solo le lame d’aria consentono di non sprecare
Le porte rigorosamente aperte per agevolare il via vai di clienti (potenziali o effettivi). Dentro, il tepore del riscaldamento acceso, ma — assicurano i commercianti — solo quel tanto che basta per combattere il freddo in libera entrata.
«E comunque non lo teniamo mai sopra i 19 gradi». Sabato pomeriggio, centro città: le vetrine invitano ad approfittare del black friday, tanti si lasciano convincere a dare almeno un’occhiata da vicino. E nonostante il caro energia stia mettendo in ginocchio anche il commercio, al punto che molti negozi hanno deciso di spegnere le luci delle vetrine nella fascia serale, sul riscaldamento non si intende risparmiare, almeno per ora. Una scelta che mette d’accordo un po’ tutti: negozi di abbigliamento, scarpe e accessori, bar e librerie. Così alle porte dell’inverno si ripropone un tema già affrontato in estate: è possibile far convivere le strategie aziendali con il risparmio delle risorse energetiche?
Le associazioni di categoria hanno diffuso negli scorsi mesi un decalogo per il risparmio a beneficio delle attività commerciali: tra i consigli anche quello di tenere le porte chiuse. In pochi però accettano di seguirlo.
A Milano la risposta dell’amministrazione comunale è stata netta: i negozi che non hanno sistemi in grado di mantenere la temperatura costante (come le lame d’aria o ingressi con isolamento termico) sono tenuti a tenere le porte chiuse per limitare i consumi.
A Brescia ognuno sceglie per sé e la maggior parte delle attività mantiene l’accesso libero, almeno nelle giornate con maggiore afflusso di persone. C’è però anche chi va controcorrente: «In estate sono arrivate bollette spaventose, per questo cerco di risparmiare dove possibile», racconta Susanna Barbieri, che gestisce un negozio di abbigliamento in corso Palestro. «Quest’anno tra rincari, affitti alle stelle e minore afflusso di persone molte attività hanno chiuso. Bisogna cambiare strategie quando possibile». Carlo Massoletti, presidente di Confcommercio, spiega: «Gli studi dicono che se un’attività ha le lame d’aria c’è maggiore dispersione con le continue aperture e chiusure delle porte. Chi invece non ha quegli impianti dovrebbe agire con buon senso per non sprecare energia».
In Lombardia, aggiunge, «il tema della dispersione energetica e termica è molto rilevante, dal momento che ci sono 500 mila attività commerciali. I dati dicono però che le dispersioni spesso sono provocate da altri elementi più che dalle porte aperte, ad esempio da un cattivo sistema di illuminazione. Per questo chiediamo di fare ulteriori approfondimenti».
La scelta di imporre per decreto la chiusura delle porte dei negozi è definita però un provvedimento «di facciata e semplicistico. Serve un’analisi approfondita». A Brescia intanto si prospetta un Natale a porte aperte e, sperano i commercianti, con i consumi in crescita dopo anni difficili.