«Hedda Gabler» Un cortocircuito tra Arte e vita vera
«Hedda. Gabler. come una pistola carica». Già il sottotitolo del nuovo spettacolo di Liv Ferracchiati, artista associato del Piccolo Teatro che lo produce, racchiude un primo spunto di partenza: Hedda Gabler (Petra Valentini) ed Ejlert Løvborg (lo stesso Ferracchiati) sono due pistole cariche, hanno grandi aspirazioni, ma non riescono a realizzarle, intrappolati in dicotomie come azione e paralisi, vocazione e dovere, vita e arte. Ricavato dal dramma di Ibsen, scritto nel 1890, e in scena al Piccolo Teatro Studio Melato da domani ( fino al 22 dicembre, mart.-giov.-sab. ore 19.30, merc. e ven. ore 20.30, dom. ore 16, via Rivoli 6, euro 40-32), si fonda su una sorta di drammaturgia parallela che, da una parte, segue cronologicamente alcune scene della vicenda, mentre, dall’altra, in un gioco di autofizione, Ferracchiati- Løvborg amplia i temi ibseniani intrecciandoli a un suo sguardo «autobiografico». Complici la nuova traduzione di Andrea Meregalli e la scenografia di Giuseppe Stellato che rompe e ricompone, nel corso dello spettacolo, le convenzioni del salotto borghese. Lì si compie il cortocircuito esistenziale fra Hedda, sposata a un uomo che non ama, il grigio Tesman, e lo scrittore maledetto Løvborg, riapparso nella sua vita all’improvviso insieme a Thea, sua musa ispiratrice. Si vendicherà istigandolo al suicidio, ma anche a lei non toccherà una sorte migliore. «Mi interessava riflettere — spiega Ferracchiati — su come l’Arte possa essere una forma per esperire anche le più violente passioni e conoscere i propri impulsi autodistruttivi in uno spazio controllato. Allo stesso tempo, però, indagare la propria natura attraverso un’esperienza rielaborata dal filtro artistico può distrarre da quella che è la vita vera e concreta. Indubbiamente rimane aperta una domanda: quale sia, alla fine, la vita vera». Completano il cast Francesco Alberici, Giulia Mazzarino, Renata Palminiello, Alice Spisa e Antonio Zavatteri.