Indagine sulla povertà
Al Carcano «El Nost Milan» Un progetto di teatro partecipato che dà voce a 150 cittadini
La povera gent e i sciori, i poveretti e i signori, sono oggi gli stessi del 1893, quando il 23enne Carlo Bertolazzi, avvocato borghese di Rivolta d’Adda, scrisse di getto «El Nost Milan»? O sono mutati in qualità e quantità e censo? Per rispondere confrontando teorie e idee nel concreto spesso nascosto della grande città, Serena Sinigaglia apre un interessante progetto triennale di arte partecipata gestito da Atir («ne abbiamo fatti tanti di questi lavori sul territorio») col Carcano, dove la commedia che poi Strehler portò in trionfo al Piccolo nel ‘55, debuttò a fine Ottocento. E dove dal 2 al 4 dicembre saliranno sul palco con Lella Costa che da attrice- direttrice cucirà acuti e bassi delle voci dei 150 cittadini che hanno partecipato ai 14 laboratori con l’attoreautore Tindaro Granata appassionato coordinatore drammaturgico di un’esperienza che vuol scoprire le nuove coordinate sociali milanesi e le ingiustizie d’oggi vissute dagli umiliati e offesi.
Dice Sinigaglia: «Quest’anno ci occupiamo della povera gente, l’anno venturo andremo a stanare i ricchi e tra due anni daremo la commedia intera, il dittico di Bertolazzi. Siamo andati a parlare con le categorie fragili, i poveri, i diversamente abili, li abbiamo ascoltati e creato germi di drammaturgia: ognuno di questi cittadini, usati come coro, ha scritto una scena che coordineremo in teatro, rete di connessione di cui Lella Costa sarà narratrice». Una larga esperienza fatta di una società che guarda in faccia il teatro e viceversa, con un vasto gruppo di lavoro con Accademie di Milano e Brescia, scuole, Proxima res, Eco di fondo con alcuni drammaturghi (Faloppa, Viana, Ferrara, Maruccia, Tollis) che si sono messi in fila, come accade spesso ai poveri, per un aiuto. «Siamo andati a scoprire i luoghi delle nuove povertà, sempre in divenire coi tempi e la mescolanza etnica » , dice Granata. « Alla mensa di san Francesco, i Cusinn Economich e gli asili notturni dove già andava Bertolazzi, poi le docce di via Kramer, i portici di via Hoepli, il mercatino di Piazzale Cuoco, via Sammartini, il furgone di Emergency, luoghi dove si radunano i Riders…».
In scena ognuno dei 150 cittadini avrà 10’ per raccontare la sua esperienza in forma drammaturgica, cura omeopatica rispetto al disagio: «La povertà di oggi — dice la Sinigaglia — è meno marxista, ci riguarda un po’ tutti, mescola classi sociali e degrada tutti, clochard e ragazzini che chiedono l’iPhone». La proposta di un titolo celebre (tre edizioni al Piccolo con due Valentine, la Fortunato e la Cortese, poi la Melato) che con Bertolazzi elegge la nobiltà sociale del dialetto, guardiano il Porta, mentre poi scrisse in italiano («L’egoista»), altro successo strehleriano. «Ci piace che esca alla fine il tessuto della città con le testimonianze di questi nuovi poveri – dice la regista – ogni drammaturgo ha scritto una scena che si inserisce poi in un materiale fluido e coordinato dall’esperienza di un’attrice come Lella Costa, capace di auscultare le origini linguistiche della città». Un progetto a lunga gittata, che coinvolge tutta la città, come fu l’anno scorso per quella gran festa teatrale dell’Odissea, sono sempre tutti esempi di quella grande, civile arte dell’incontro tra uomini che è il teatro.