Corriere della Sera - Io Donna
“QUANDO CANTAVO SOTTO LE BOMBE”
È cresciuta tra il gelo e la miseria della Georgia in guerra. Poi il mezzosoprano Anita Rachvelishvili è arrivata alla Scala e oggi è una stella della lirica. Quest’estate sarà Carmen all’Arena di Verona, e anche Amneris nell’Aida. Ma non chiedetele quale
Sono cresciuta con due genitori che cantavano sempre, anche sotto le bombe, quando a Tbilisi c’era la guerra civile. Cantavano anche quando, per via del confitto, hanno perso il lavoro e papà, da musicista rock, si è trovato muratore e mamma, da ballerina classica, parrucchiera. Io, a 5 anni, suonavo il piano. A 17, cantavo jazz e soul». La vita di Anita Rachvelishvili ha poi avuto svolte inattese, più d’una. Si è scoperta mezzosoprano, è diventata una stella della lirica. Nel 2009, a soli 25 anni, appena uscita dall’Accademia della Scala dov’era arrivata con una borsa di studio e tuttavia avendo dovuto ipotecare la casa in Georgia dove vivevano i suoi, ha debuttato da primadonna direttamente alla prima scaligera. Un caso unico. Si era presentata a un’audizione per la particina di Mercedes nella di Georges Bizet e Daniel Barenboim l’aveva voluta invece protagonista. La è diventata il suo cavallo di battaglia, l’ha interpretata al Met di New York e a Berlino, Monaco e non solo. Venerdì 24 luglio, con la apre il 93esimo Festival Lirico all’Arena di Verona. Carlo Ventre è Don José, la direzione è di Omer Meir Wellber. All’Arena, questa estate, Anita è anche impegnata in cinque repliche dell’Aida di Giuseppe Verdi, nel ruolo di Amneris. Per il resto, la sua agenda è piena fno al 2019, incluse tre nuove produzioni per il Metropolitan di New York.
Anita Rachvelishvili, 31 anni. Venerdì 24 luglio con la sarà all’Arena di Verona, dove sarà impegnata quest’estate anche con l’Aida. La sua agenda è già piena fno al 2019.
Se le dici che la sua sembra una favola, la parola le rimbalza addosso: «Non so cosa sia una favola, io non ho avuto un’infanzia ». La lingua di chi è cresciuto sotto la guerra ha meno parole del linguaggio del benessere. Ha solo immagini scarne: la casa gelida d’inverno; i vestiti indossati l’uno sull’altro per supplire al cappotto; gli stivali che mancano, per andare fra la neve a tirar su l’acqua dal pozzo; le volte che, piuttosto, si raccoglieva l’acqua piovana. «Non ho vissuto niente di speciale: tutta la mia generazione ha fatto quella vita » si schermisce lei. Pausa. «Per questo, molti di noi hanno successo. Le diffcoltà insegnano a combattere, rendono la depressione inconcepibile».
Le bombe sono esplose due volte accanto alla sua casa, ma il giorno più brutto è stato un altro. «Avevo 8 anni, giocavo per strada con il mio amichetto Temo, che ha trovato nella spazzatura un bazooka.