Corriere della Sera - Io Donna
HASHTAG DI GENERE
le cose cambiano. L’arrivo di un telegramma fa l’effetto (gradito fno alle lacrime) di un’eredità da un parente dimenticato; il fax non sferraglia più; i messaggi vocali in segreteria sono diventati talmente rari da funzionare come una moda di nicchia, tipo collezione di dischi in vinile che tieni lì e senti ogni tanto... E poi... E poi tutte migriamo su Twitter. E lì ricominciamo: a fare sempre le stesse cose! Dice una ricercatrice in studi linguistici della New York University, sull’edizione di giugno di che esiste una differenza di genere nella comunicazione via tweet. Le donne ricorrono (59% del totale) a hashtag espressivi, giocosi, creativi, commentizi. Gli uomini no: gli uomini navigano sereni in un solco tradizionale (77%). Informano, vanno ai fondamentali, non scherzano. Se dovessero twittare i contenuti di queste righe, per esempio, le donne userebbero magari #argh #grrr #siamonoi e gli uomini #gender #comunicazione #linguistica. Qualcuna potrebbe a questo punto uscirsene con un e allora? Il punto è che l’obiettivo su Twitter dovrebbe essere quello di venir ascoltati mentre cinguettiamo e pare che l’hashtag tradizionale funzioni meglio. Altri studi di altre università, infatti, rivelano che donne & uomini tendono a ritwittare più volentieri utenti maschi e molto maschili sono le liste dei grandi infuencer. Che dobbiamo fare? Smettere? O sentirci fere del ruolo di avamposto dell’innovazione linguistica?!? (A proposito: pare che l’uso degli # espressivi rappresenti la versione moderna di punti esclamativi, virgolette, puntini di sospensione, parentesi... Rileggere per credere).