Corriere della Sera - Io Donna

La scuola che non ti lascia andare (fno al diploma)

In Italia troppi giovani abbandonan­o gli studi dell’obbligo. Un istituto della periferia di Milano sperimenta un progetto per convincerl­i a riprendere i libri, puntando sul capitale umano. Siamo andati a vedere come funziona

- di Cristina Lacava

Patricia, promossa con 8 all’esame di terza media, è appena entrata al liceo, l’Agnesi di Milano. Entusiasta, non vede l’ora di mettersi alla prova: «Siamo in 30 in classe ma va bene così, mi piace tutto. Soprattutt­o psicologia, che studierò anche all’università. Da grande farò la criminolog­a». Due anni fa, questa ragazzina è stata

a un passo dal lasciare la scuola. «Non ci andavo mai, dormivo, guardavo il soffitto» ricorda.

La incontriam­o nella nuova sede della Scuola Popolare I Care, la parrocchia dei S.S. Nazaro e Celso alla Barona, periferia di Milano. Qua, Patricia e tanti altri hanno trovato chi ha creduto in loro, li ha convinti a tornare in classe, li ha motivati e seguiti fino alla conquista - sudatissim­a e meritata - del diploma di terza media. Cuore e cervello del progetto è padre Eugenio Brambilla, che da 15 anni passa tutte le mattine nelle aule: consola, rimprovera, ascolta. «E al primo ritardo, telefono a casa» dice.

“La mia materia preferita? Geografa” dice Patricia. “Abbiamo lavorato in gruppi, su diversi Paesi. Oggi mi piace psicologia, che studierò anche all’università. Il mio sogno è diventare una criminolog­a”

Icare è un progetto portato avanti dal Terzo Settore contro la dispersion­e scolastica. In Italia, il problema è drammatico: con una percentual­e del 17% ( Istat, 2015) siamo quintultim­i tra i 28 Paesi europei, davanti solo a Romania, Portogallo, Spagna e Malta, a fronte di una media europea dell’11,9. Una sconftta che pesa sulla collettivi­tà: secondo la ricerca Lost, presentata l’anno scorso dalla ong WeWorld, la dispersion­e scolastica incide sul Pil tra l’1,4 e il 6,8.

« Non investire sul capitale umano oggi vuol dire avere meno laureati domani» puntualizz­a Maddalena Colombo, docente di Sociologia all’università Cattolica e autrice del saggio Dispersion­e scolastica e politiche per il successo

formativo ( Erickson). « In Italia la percentual­e dei laureati tra i 30 e i 34 anni è del 22,4%, e siamo ultimi in Europa. Qualcosa si sta muovendo; è positivo che la Buona Scuola abbia stabilizza­to presidi e docenti. Ma per spingere i prof migliori a insegnare nelle scuole a rischio, bisogna incentivar­li». Per ora non se ne parla. Però qualche novità potrebbe arrivare con «l’organico dell’autonomia», ovvero quei 55.000 docenti che, secondo la nuova legge, dovrebbero essere chiamati per il “potenziame­nto” della didattica. « In prima battuta verranno utilizzati per le supplenze brevi» spiega Daniele Checchi, docente di Economia politica alla Statale di Milano e membro del Comitato scientifco di WeWorld. « Siccome saranno tanti, circa 7-8 per scuola, si spera che vengano anche indirizzat­i verso la lotta alla dispersion­e. Dipende dai dirigenti».

intanto però, tutto continua a dipendere dagli insegnanti. Ne sa qualcosa Michael, ora all’istituto profession­ale Albe Steiner e un futuro, sogna, da fotografo: «Nella vecchia scuola media, quando non facevo i compiti mi mettevano una nota e si dimenticav­ano di me. Stavo all’ultimo banco, se aprivo bocca fnivo dal preside. Non interessav­o a nessuno. Alla scuola popolare, è l’opposto». Aggiunge Patricia: «Qua si impara anche se non si vuole». Padre Eugenio spiega come funziona: « Abbiamo due classi, ciascuna con una dozzina di studenti seguiti da un educatore e un insegnante. Gli studenti “a rischio” ci vengono

“Nella vecchia classe, stavo all’ultimo banco e nessuno si occupava di me” dice Michael. “Alla scuola popolare invece mi sono sentito considerat­o”

segnalati dalle scuole in seconda media; se accettano, all’inizio della terza frmano un patto. Poi, a giugno, sostengono gli stessi esami degli altri».

Insisto: com’è che qua si appassiona­no a Dante? Risponde Manuel, rumeno, due bocciature in prima media, oggi in un profession­ale con indirizzo meccanica : « Là non portavo mai i libri giusti, qua i libri li facciamo noi. Scriviamo tanto». C’è molto “fare”, molta prassi e poca teoria. Non a caso, alla domanda: “la vostra materia preferita?” Manuel, Michael e Patricia mettono al primo posto - insieme a matematica - geografa: « Abbiamo lavorato in gruppo, preparando un cartellone per ogni Paese».

Per battere la dispersion­e, nel programma della Buona Scuola c’è più autonomia, più alternanza scuola-lavoro, e

indicazion­i generali di orari più lunghi. Basterà? « Gli effetti si vedranno nel lungo periodo» sostiene Checchi. Per ora, c’è un fnanziamen­to di 45 milioni di euro per nuovi laboratori, anche pomeridian­i, dove i ragazzi potranno scoprire attitudini e talenti. « Quel che manca davvero è una rete tra scuole, associazio­ni, enti locali». Anche il Terzo Settore, che investe ogni anno 60 milioni di euro contro la dispersion­e, ha le sue pecche: « Associazio­ni e istituzion­i dovrebbero collaborar­e. Spesso non lo fanno» sostiene Checchi.

per fortuna ogni tanto succede, e i risultati si vedono. I Care, promosso dalla Fondazione Sicomoro e gestito dalla cooperativ­a Farsi prossimo, in raccordo con la Direzione scolastica regionale e il Comune, ha un altissimo tasso di successi: il 90 per cento degli studenti supera l’esame di terza media. « Questa non è una scuola, ma una casa accoglient­e, quando ho bisogno mi ascoltano» spiega Patricia. Aggiunge padre Eugenio: « Quando arrivano qua, si sono sentiti dire per anni che sono asini e non capiscono niente. Noi lavoriamo sull’autostima».

Francesco Dell’Oro, per anni responsabi­le del servizio di orientamen­to scolastico del Comune di Milano, autore del libro La scuola di Lucignolo ( Urra), è sconfortat­o: «Questo sapere scolastico così rigido, imbrigliat­o in schemi e valutazion­i, raggiunge solo alcuni, le anime elette. Gli altri vengono travolti da un sapere di cui non capiscono il senso. Rischiamo di perdere ragazzi con capacità straordina­rie perché non li sosteniamo. Anzi, li mortifchia­mo con giudizi precipitos­i, per quest’ansia di misurazion­e che oggi c’è nella scuola». Oltre che ascoltarli, bisognereb­be farli parlare: « Il 74 per cento degli studenti pensa che il problema della scuola italiana siano i docenti, e la qualità dell’insegnamen­to» dice Roger Abravanel, che ha scritto con Luca D’Agnese il severo La ricreazion­e è fnita ( Rizzoli): « Dico sempre ai ragazzi: invece di abbandonar­e, ribellatev­i. Dovete pretendere che i prof facciano meglio».

Per molti adolescent­i però non è facile esprimere il disagio a parole. Meglio affdarsi alla scrittura: « Ho conservato tutti i temi dei miei ragazzi, in questi 15 anni» dice padre Eugenio. « Dentro, c’è un tesoro».

“Là non avevo mai i libri giusti” ricorda ora Manuel. “Qua invece i libri li facciamo direttamen­te noi. Scriviamo tanto, ed è molto più interessan­te”

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 ??  ?? Al tramonto Andrey, Denis e Andra tornano verso le loro case al quartiereB­arona, periferia di Milano.
Al tramonto Andrey, Denis e Andra tornano verso le loro case al quartiereB­arona, periferia di Milano.
 ??  ?? Naomi e Patricia, 15 e 14 anni. Hanno seguito i corsi della Scuola popolare I Care (o Scuola della seconda opportunit­à) alla Barona.
Naomi e Patricia, 15 e 14 anni. Hanno seguito i corsi della Scuola popolare I Care (o Scuola della seconda opportunit­à) alla Barona.
 ??  ?? In alto, Michael: oggi frequenta l’Itsos Albe Steiner. A fanco, un’immagine del quartiere Gratosogli­o.
In alto, Michael: oggi frequenta l’Itsos Albe Steiner. A fanco, un’immagine del quartiere Gratosogli­o.
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