Corriere della Sera - Io Donna

ANCHE CHI VINCE PERDE

- Aut. victum) aut- blog.iodonna.it/marina-terragni

reduce da una sconftta mi metto a pensare al fatto di vincere e perdere. A cominciare dalle parole luminose di un amico: «Bisogna uscire dalla logica biscazzier­a dei vincenti e dei perdenti». Quando le cose le metti in questo modo - o vinci o perdi - resta sempre fuori qualcosa di importante, come dalla gran parte degli

Se vinci (parola che probabilme­nte allude al nemico incatenato, non manchi mai di perdere qualcosa; se invece perdi, forse potrai fare a meno di legare mani e piedi di qualcuno, ed è già una bella vittoria. Per esempio in politica: quando si parla di “sinistra che vince”, la sensazione è che in quel vincere la sinistra stia già perdendo qualcosa, lasciando sul campo pezzi importanti di sé (un’idea più nobile della contesa, un rifuto delle logiche di guerra, la compassion­e per il nemico, la rinuncia a cercare un modo diverso di stare al mondo). Quando si agisce per vincere o per perdere si fnisce per perdere tutti: ci sono molte possibili buone azioni che non vanno in cerca di una vittoria. E può prenderti la nostalgia per un’idea di umanità in cui non hai bisogno di vittorie né rischi sconftte: perché poi si vuole vincere perché si ha paura di fnire incatenati. Se si potesse star tranquilli sul fatto che nessuno ti vuole incatenare, forse non ti verrebbe in mente di voler vincere. Di questa idea di umanità da qualche parte c’è traccia, per esempio nelle parole del Buddha: «Chi ha abbandonat­o vittoria e sconftta, costui sta tranquillo e felice». Ce n’è speranza in un mondo in cui il valore materno della cura possa stare al centro, ridicolizz­ando ogni confitto distruttiv­o.

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