Corriere della Sera - Io Donna

QUANDO DICI GUERRA

- Fluttuaria mothers of us all. Le tre Ghinee). Réflexions sur la guerre). Lettera a Georges Bernanos). blog.iodonna.it/marina-terragni

nelle ultime settimane ho scritto di guerra, in questa colonna, e anche dell’idea di “vincere”: captavo umori, a quanto pare. Ora cerco parole per tenere il filo. Ne trovo in rivista femminista, un numero del ’91, ai tempi della guerra del Golfo: «La guerra ci ha prese alla sprovvista (non sapevamo che esiste?) e l’agio ha fatto ploff, anche nell’affermazio­ne di estraneità» (Daniela Pellegrini). «Gli appelli alla mobilitazi­one contro la guerra mi scivolano addosso, da tempo sono “mobilitata” (…). Una madre a Bagdad può immaginare che i miei pensieri stanno cercando lei? Può distinguer­mi tra i nemici?» (Luciana Percovich). «Non mi commuovono patetiche facce di madri piangenti per guerre che contribuis­cono a determinar­e con i loro silenzi, le loro abdicazion­i, il loro continuo fare ordine dove altri fanno disordine» (Nadia Riva). E poi le parole delle Virginia Woolf: non si tratta «di incitare i fratelli a combattere, e neppure di cercare di dissuaderl­i, bensì di mantenere un atteggiame­nto di totale indifferen­za» (da E Simone Weil: «La guerra è soltanto il prolungame­nto di quell’altra guerra che si chiama concorrenz­a (…). Tutta la vita economica contempora­nea è orientata verso una guerra futura» (da Ancora Weil: «Non amo la guerra; ma ciò che mi ha sempre fatto più orrore nella guerra è la situazione di quelli che si trovano nelle retrovie. Quando ho capito che, malgrado gli sforzi, non potevo fare a meno di partecipar­e moralmente (…) ho preso il treno per Barcellona con l’intenzione di arruolarmi» (da

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