Corriere della Sera - Io Donna
QUEL CHE RESTA DI SANREMO
ogni anno - la stagione è la stessa: inverno, serate lunghe - ci si chiede se vedere o no Sanremo. Qualcuno sui social annuncia che lo farà, allungandosi sul divano con copertina e twittando ogni tanto per un effetto calmante di #modernitàsurrogata: sono solo canzonette, come sempre, ma nel frattempo so di appartenere (anche) a mondi nuovi. La verità è che può essere divertente, ancora, nonostante l’impietosa noia di molti testi sparsi. Se poi hai da lavorare e devi stare lì fino a mezzanotte, è proprio perfetto. Insomma: io ho visto #Sanremo2016. E due cose restano. La prima sono i nastrini: l’Aula si azzuffa su unioni civili e adozioni, il palco si colora di arcobaleni discreti. Ai polsi, lungo l’asta dei microfoni, stretti in pugno. Ci provano subito le interpreti più giovani, lo fa @RamazzottiEros. Messaggio ricevuto. Le famiglie sono cambiate, anche in Italia: non c’è famiglia più naturale di quella che esiste nella realtà. La seconda è Ezio Bosso. Noi al
conosciamo la sua musica e la sua calamita, ma vederlo nella grande serata della Nazione fa un effetto sorpresa. Ezio Bosso è malato, sta in sedia a rotelle, parla strano. E va bene. Ezio Bosso è bello e felice, soprattutto. Elegante in giacca nera e camicia bianca, con colletto alla coreana e lunghi polsini aperti. Svolazzante come sempre quando muove le mani: sulla tastiera, sicure e veloci; per aria, imprevedibili e vaghe come quel volo di uccellino che sta nel titolo del suo pezzo preferito. Dice che la musica siamo noi, perché per farla e sentirla dobbiamo stare insieme. Anche per quest’anno la serata - la notte - è salva.