Corriere della Sera - Io Donna
LA LEGGE NON FA LE DONNE AUTONOME
in queste elezioni amministrative si è votato applicando una legge del 2012 che prevede la cosiddetta doppia preferenza di genere, sostanzialmente per favorire l’ascesa delle donne, spesso penalizzate in politica. In pratica la norma consiste in questo: non si possono scrivere i nomi di due candidati dello stesso sesso sulla scheda. Vale sia per gli uomini che per le donne, ma tutela soprattutto queste ultime, visto che i maschietti in politica la fanno da padroni. Non è la prima volta che ciò avviene: a Roma, per esempio, nel 2013 si era già votato con la nuova normativa. Grazie alla doppia preferenza di genere sono approdate nei consigli comunali molte donne. E altre ne arriveranno con i ballottaggi, tramite il premio di maggioranza riservato a chi viene eletto sindaco. Ma salvo rare eccezioni - Mariastella Gelmini e Mara Carfagna per Forza Italia, Paola Concia per il Partito democratico e, ovviamente, le esponenti del Movimento 5 stelle, tra le quali ci sono ben due candidate a sindaco di città importanti come Torino e Roma - per la maggior parte dei casi le donne si sono quasi totalmente appoggiate agli uomini per riuscire nella loro impresa. Già, c’è chi ce l’ha fatta perché ha il marito ministro e chi perché si è messa sotto la protezione dei governatori locali o dei cosiddetti signori delle tessere, che quando ci sono elezioni locali, rispuntano come i funghi. Il che dimostra che, ahimè, non basta una legge a fare dell’Italia un Paese di donne autonome.