Corriere della Sera - Io Donna

IL QUI E ORA

- di Joe Bastianich

I l vino e la chitarra sono stati la mia salvezza. Sembra strano dirlo, sembra un paradosso, associati evocano l’ immagine del perdigiorn­o, eppure è grazie alo rose sono diventato ciò che sono: mi hanno sempre portato bene e hanno saputo indirizzar­mi nella vita, anche quando le cose andavano male. Non a caso, sono loro i protagonis­ti, insieme al mio passato, dello spettacolo che porto al teatro Franco Parenti di Milano. Ho usato il vino e lamusica per fare una sorta di pulizia mentale, sono gli strumenti che mi hanno permesso di dire lamia verità e fare uscire il vero Joe. A un certo punto della vita, diventa molto importante potersi raccontare e io lo faccio scrivendo canzoni. Ho trovato, insomma, ilmodo migliore di fare terapia senza dover pagare un soldo. Perché io soffro ancora ilmio passato, lamia infanzia nelQueens, quandomi vergognavo delle mie origini. I miei famigliari avevano un accento fortissimo, nonna vesti vada contadina istriana e io, a scuola, ero in imbarazzo perché per merendami portavo da casa un panino con la trippa, unto e puzzolente, mentre i miei coetanei mangiavano sandwich puliti e inodori. Mi vergognavo anche del lavoro dei miei genitori, quello deirist oratori, che all’ e po canone raf igo: era un lavoro di bass olivello, fatto dagli immigrati. Di tempo ne è trascorso tanto da allora e le cose sono cambiate, ma mir endo conto che ogni giorno di più assomiglio a mio padre. È un modo per riconcilia­rmi con quel passato, ritrovare l’orgoglio di quei poveri italiani immigrati e coraggiosi. Ora, posso dire che ilmio presente è il frutto di una lunga strada, iniziata prima di me epassata attraverso la ristorazio­ne, lamia laurea (la prima nella mia famiglia), la television­e e la produzione di vino. Sono stato fortunato? La fortuna è quando la preparazio­ne incontra l’opportunit­à: è grazie a questo che sono riuscitone­lla vita a trasformar­e lepassioni in un lavoro. Nonho una ricetta vincente per affrontare la vita, ma di certo ho un ingredient­e fondamenta­le: saper rischiare. Il prossimo anno compirò 50 anni e posso dire di non aver mai smesso di fare, scommetter­e e sognare. Orami trovo sulla linea che demarca il successo vero dal disastro totale. E potete starne certi: quel confine è il posto giusto dove stare.

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