Corriere della Sera - Io Donna

RACCONTO DI CUCINA QUEL DOLCE PROFUMO DI FELICITà

L’odore di zucchero filato, le fiere d’agosto, la casa dei nonni. La scrittrice spagnola ci regala un ricordo d’infanzia. E tre sue ricette: croquetas, gazpacho, sangría. Per rinfrescar­e l’estate caliente

- di Clara Sánchez

L’odore di caramello bruciato arrivava fino alla casa dei nonni. Avevamo la fortuna di dover sempliceme­nte attraversa­re la strada per entrareal la Fiera, che ogni anno ad agosto veniva allestita lungo il viale, che prende appunto il nomediPase­ode la Feria. Durante lamia infanzia l’ intera famiglia si riuniva in quel luogo: fratelli, zii, cugini equalche amicoche si aggiungeva al nutrito gruppetto. C’erauna tale confusione che tutti quanti facevamo ciò che ci pareva. Nessuno teneva il con todi nulla e alla fine, tra tutti, noi bambini racimolava­mo denaro sufficient­e per salire su ogni sorta di aggeggio. Ci piacevano damorire gli autoscontr­i e il trenino, le cui sbandate laterali avrebbero potuto fratturare il collo a chiunque. Bisognava tenersi davvero forte e mantenere intensione i muscoli del collo per evitare chela testaci volasse via.

Sul“calcinculo” la sicurezza era minima e perdi più agitavamo i seggiolini come pazzi. Se arrivavamo a toccarli coni piedi, spingevamo quelli davanti a noi. Saltavamo da un’ attrazione all’ alt radisposti a giocarci la vita, posseduti dalla musica trascinant­e che arrivava dagli altoparlan­ti assieme all’ annuncio dello spettacolo della PetiteTeri­n, la donna più piccola delmondo. Credo che laFiera sia stata una perfetta palestra per addestrarc­i a ciò che lavi taci avrebbe riservato in futuro: sgomitate per salire per primi sulle macchini ne, per poi scendere con la piattaform­a ancora in funzione, con la nausea ma ansiosi di raggiunger­e l’ attrazione successiva.

Ricordo abbastanza chiarament­e le fiere di quando avevo 9, 10e11anni. Ciascuno viveva la propri avita in funzionede­ll’età: gli adulti congli adulti e i bambini con i bambini. Ci liberavamo gli uni degli altri, inmodo sano e necessario, cosa che non sono mai riuscita a fare conmia figlia. Nonappena atterravo alla “casa dellaliber­tà”, lacasadein­onni, approfitta­voper radermi legambe con il raso iodi mio padre e altrettant­o faceva mio cugino Ma nolo, che si era invaghito del mio vestito bianco della PrimaComun­ione e se lo provava ogni volta che poteva. Poi ci dirigevamo al tiro

a segno raccontand­oci, tra uno sparo e l’altro, i nostri sogni. Quello di mio cugino era avere un bastone d’ oro e argento e ilmio, sempliceme­ntedi essere grande. Ed entrambi si sono realizzati.

Soltanto una volta il nonno mi portò al circo della Fiera, come regalo soltanto per me, emi annoiai come non mai. Per non deluderlo resistetti sino alla fine. Ero troppo selvatica per apprezzare la finezza di uno spettacolo che pareva non fini remai. Soltanto i trapezisti risvegliar­ono un poco lamia attenzione, anche se alla terza capriola ero già stanca. Il nonno mi spiegò che quelle persone erano un esempi odi perseveran­za e sacrificio per riuscire a svolgere la loro attività con il sorriso sulle labbra, come se non richiedess­e alcuno sforzo. E la verità è che odio me stessamill­e volte per non riuscire a farmelo piacere. E i pagliacci rappresent­ano il culmine di ciò chemi piace meno del circo. Emi odio anche perché mi sembrano così tristi e noiosi. Enonmi attirano nemmeno gli animali che fanno cose che abitualmen­te fanno le persone, sebbene il nonno dicesse che serviva tanto lavoro per far sì che un’ elefantess­a di nome Valeria posasse sul petto del domatore sdraiato a terra una zampa leggera come una piuma, senza fare la minima pressione.

Mi dispiace, non mi ha impression­ato. Mi impression­a di più un leone che ruggisce o un elefante che abbatte un albero, perché sono cose che un essere umano non potrà mai fare. Ad ogni modo all’ uscita, assonnata e sfinita, ebbi lamia ricompensa: un delizioso zucchero filato, che ancora oggi corro a comprare appenami è possibile, perché trasporta il mio cuore nel mondo che mi appartiene.

Co me dicevo, la festa iniziava con quel meraviglio­so odore dolce che spingeva adat traversare la strada e a gettarsi tra il rumore, lamusica e il vociodella gente. Il viale era lungo e ospitava due chilometri di attrazioni meccaniche e casette di ogni tipo, dove scialacqua­re i soldini che ci davano genitori, zii e nonni, entusiasti all’idea di perderci di vista. In alcune vendevano frutta candita, torrone, frutta secca, sebbene a farla da padrone fossero le mele caramellat­e e lo zucchero filato.

Ma soprattutt­o lo zuccherofi­lato era l’essenzadel­la Fiera, la sua ragione di esistere. Era etereo come il nostro futuro. Un sogno, che svanivano n appena affondavam­o il viso nel suo colore rosato. Sulle labbra restavano deliziosi fili, a ricordo di ciò che la vita avrebbe potuto essere. Enormi nubi che ci offrivano un istante di delizia. Bisognereb­be fare un monumento a chi ha inventato questo meraviglio­so, impalpabil­e e raffinato dolce, che nessun pasticcier­e è riuscito a eguagliare.

Qualcuno ha avuto l’ idea e qualcun altro ha realizzato­la macchina nella quale lo zuccherosi trasforma in un’illusione, pensando non ai palazzima alle fiere e ai bambini, alla semplice gioia di vivere.

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 ??  ?? Clara Sánchez, autrice di bestseller internazio­nali tra cui Il profumo delle foglie di limone. I suoi libri in Italia sono pubblicati da Garzanti, compreso il prossimo,
Lo stupore di una notte di luce. La scrittrice sarà a lilano, al Tempo delle...
Clara Sánchez, autrice di bestseller internazio­nali tra cui Il profumo delle foglie di limone. I suoi libri in Italia sono pubblicati da Garzanti, compreso il prossimo, Lo stupore di una notte di luce. La scrittrice sarà a lilano, al Tempo delle...

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