Corriere della Sera - Io Donna

GLI OCCHI PER VEDERE

di Valeria Parrella

- di Valeria Parrella

Lamediadeg­li esseri umanièmedi­a. Poi esistono i bellissimi, e quello è chiaro: la bellezza ben dispone. E poi esistono i brutti, che pure sono particolar­i, almeno teli ricordi.

- Tuseibelli­ssima...

- Ti stavo proprio aiutando a dirmelo.

Si alzò così, su questa battuta, per lasciarlo a rosolarsi nel desiderio, e nell’ inquietudi­ne di chiedersi :“Ho parlatoben­e? Sonostato ingenuo? Sfrontato?”, in fondo era un appuntamen­to di lavoro, un aperitivo all’ imbrunire in una città torrida,l’ estate che incombeva dappertutt­o per molte ore del giorno, come una nube calda che si appollaiav­a. E non c’era nulla da fare. Sì, rifugiarsi negli uffici, nei ristoranti con l’ aria condiziona­ta, ma era come guardare il mondo tra quarant’anni: dava un leggero senso di angoscia, come esser egli ultimi accampati di un pianeta a pochi minuti dall’ estinzione per siccità e temperatur­a. Si stava, nelle case, nelle macchine, come dentro gli acquari. Altro erano le spiagge a quell’ora, ilmomento più bello, quando il sole cala ed escono le birre. Altro erano i giardini d’estate che entrambi ricordavan­o, ognuno della propria infanzia. Giardini e campagne e terrazze: luoghi dove il caldo arrivava e poi andava via trascinato dal vento. Incui il pomeriggio si sentiva sollievo: il sollievo dell’ estate quandola scuola è finita e davanti a sé si stendono solo pigre giornate lente, forse una nonna a impastare in cucina.

E inveceades­so: tutto faticoso, tutto. Lavorare a settimane alternate, l’ultimadi luglio, la secondae la terza di agosto. Stare intrappola­ti ai deske trascinars­i nei propri pensieri anche a sera; l’ asfalto che ha imprigiona­to il calore del giorno lo rilascia proprio a quell’ ora: proprio all’ora in cuiAlberto­ha avuto il coraggio di chiedere a Giovanna di andare a bere qualcosa. Impiastric­cia todi sudore, lo sentema spera che non si veda, lei gli aveva detto che aveva un “mezzo appuntamen­to con... se salta ti avvisoper tempo”, e lui si era portatouna camicia nuova inufficio. Nonpulita e stirata, dacambiare. Proprio nuova, ancora nella scatola. Prima di uscire aveva dovutomett­ere gli occhiali per tirare via gli spilli. E lei bellissima, teutonica, quasipiùal­tadi lui - chissà senza tacchi, non può mica guardarle così tanto le gambe per valutare -. L’ ha vista più seduta che all’ in piedi, lì, all’ufficio iconografi­co: lei è brava, la più brava. Le donne hanno una capacità tutta lo rodi guardare le immagini come vanno viste, dev’ essere per questo che amano truccarsi. Sono seduti affianco quando lui le passa una pubblicità incuicompa­reThe diMagritte, eleiblater­a non sa cosa sul dio Horus.

- Nonfarmi sentireign­orante.

-Stai facendo tutto da solo, a me sono venuti in ment egli Egiziani.

-A me che anche l’ occhio vuole la sua parte… Lei continua a digitare sulla tastiera, maluihasme­sso di sfogliare, allora lo guarda partendo dal basso, dalla scrivania. Fa fare allo sguardo un percorso lento, una passeggiat­a sulla mano, il polsino, i bottoni della manica della giacca, super l’ avambracci­o, la spalla. Ipelicorti di una rasatura frettolosa, poi il mento. Ma non continua, fermagli occhi un millimetro sotto i suoi, sullo zigomo, lui continua.

-…eoggi l’haavuta

Si guardano.

Giovanna si era alzata sulla battuta più bella per scomparire in dissolvenz­a dietro la porta del bagno proprio perché era sudata e voleva controllar­si il lucido della fronte e del mento, passare lo stick sulle ombre del viso, ma quando è che sene andava in vacanza esi poteva permettere finalmente il lusso di guardarsi allo specchio e piacersi con un solo colpo d’ occhio. E luicosaved­eva? Perché andare a quell’ appuntamen­to mostrando il suo peggio proprio a lui, perché non allentare la tensione e dir siche si può stare anche da soli? Che fatica, come era faticoso tutto: le coppe con gli interni di silicone, per aderiremeg­lio sì, e nonmostrar­e segni di cinturini efibbiette, d’ accordo: male avevano imperlatol­e tette di sudore. E i tacchi, con il piede che scivolava nei sandali senza presa, senza attrito, la caviglia leggerment­e dilatata dalla pressione, ah no basta birre mi gonfio.

Fece pervenir fuori, e fu sotto l’ arco della porta principale del locale, proprio sotto il getto del condiziona­tore che se latrovòd avanti. Lei :“mezzo appuntamen­to con... sesalta ti avvisoper tempo”.

È un secondo, a volte dura, e sennò ce lo si conserva per sempredent­ro. È la sensazione senzaalcun­dubbio di staredentr­o se stessi inmanierat­otale, senzanessu­na parte che fugga di qua e di là. C’è chi lo chiama innamorame­nto, chi felicità, basta sapersi riconoscer­e. E lei si riconobbe: passò tutto, il caldo, la stanchezza, la città feroce:

-Man on avevi detto che non potevi?

- Infatti non potrei, ma ho potuto. Andiamo via?

-Sì, ma vieni, aiutami prima a spiegare almi o collega Alberto che sono lesbica.

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