Corriere della Sera - Io Donna

LA PRIMA ESTATE

La prima estate di Chiara Gamberale

- di Chiara Gamberale

Nes su nome l’ aveva preannunci­ato, ma l’estate del 1980 fu la mia prima estate. E oltre a essere la prima, fu anche l’ unica. Miamadre si era trasferita al mare, da giugno a settembre, vicinoaRom­a, emiopadre dormiva con lei, ma facevasueg­iùdal lavoro.

Così, tranne che per la settimana di Ferragosto, siamo rimaste lei e io, io e lei. Mangiava pesche e yogurt per colazione, a pranzo pasta fredda e ancora pesche, ascoltava Battisti e leggevaGar cíaMárquez sul dondolo, inveranda, ognilune dìamezzo giornodin ascostoda mio padre prendeva il treno per Roma, andava a parlare con una strana signora che però rimaneva sempre zitta, dopo un’ora usciva, tornava al mare. Io sempre dietro: cioè, dentro.

Ecco perché sarebbe stata l’unica estate, quella: la sola in cui avrei saputo davvero chi era mia madre.

Checosapen­sava, ingenerale.

-… È un po’ come semi stessi preparando da tuttala vita a quanto staper accadere, eppure… Eppureboh… Si ricorda il sogno che ho fatto qualchemes­e fa, quello in cui cullavomio padre, finché non si addormenta­va? Ecco… Ècome se da quando sono bambina giocassi a mamma e figlio con tutti: coni miei genitori, prima, poi con le amiche, con i fidanzati, piùdi tutti conFilippo e chissà se è per quello - perché non ho mai incontrato qualcuno più bambino di lui - che mi sono innamorata così, senza riserve… E però adesso, adesso che madre sto per diventarlo davvero, come mai ho tanta paura? Forse perché stavoltano­nsi scherza? Èperquesto, dottoressa, chehopaura? Perchésemi stancodi giocareama­mma e figlio, sta volta, non potrò mai cambiare bambolotto?

Che cosa pensava in particolar­e: cioèdime. -Non mi fraintenda, dottoressa… Ma quando, alla seconda visita, cinque mesi fa ormai-dio come passa veloce il tempo, come passa veloce questo tempo -, non si è sentito il battito del cuore, beh… Pure il mi odi cuor emi sembrava che non battesse più. Torni fra una settimana, signora, ci sono buone possibilit­à che si sentirà, perché magari c’è solounpicc­olo ritardo, hadettoil ginecologo. Buone possibilit­à cioè quante ?, ho chiesto io. Lui laprendeva larga, diceva chilo sa, è la vita che sceglie, sembra assurdama ha una sua saggezza, se dentro di lei non si formerà è perché non ci sono le condizioni per formarsi, ma magari la prossima volta …, buone possibilit­à cioè quante?, insistevo io, bisogna fidarsi della vita, insisteva lui, quante?, io, e allafineho­vinto: il cinquantap­er cento delle possibilit­à, ha finalmente risposto. Ementre il mio cuore si fermava, qualcosa invece da un’altra parte, ma non saprei esattament­e indicarle dove, ha pensato: perfetto. Tanto chi è che non può fare ameno di questo bambolotto che non si potrà mai cambiare? Certo nonio. Quindi: meglio. Se la vita dentro dime non si formerà, perché non ci sono le condizioni per formarsi, meglio. Continuerò a essere una ragazza e basta, sarò un aragazza e basta per sempre. Non dovrò smette redi fumare. Continuerò a viaggiare con Filippo per tutto il mondo, sennò in Australia chissà quando riusciremo ad andare: altro che quella triste casa almare che avevamo intenzione­di affittarep­er l’estate… Eccoche cosahopens­ato quel giorno, dottoressa. E me lo spieghi lei, perché. Mi spieghi lei se è mai possibile avere così tanta paura di perdere quello che più desideri al mondo, da arrivare a convincert­i di essere tua non desiderarl­o, per sopravvive­re.

Quantoamav­amio padre.

-Dormi già? Mano, niente… Volevo solo dirti… Niente: non volevo dirti niente. Volevo solo vederei tuoi occhi aperti. Eccocosavo­levo.

Come facevano l’amore.

Perché i miei lo facevano tantissimo, prima che io nascessi: o almeno tutte le sere di quell’estate almare potrei assicurare che l’ hanno fatto. Aletto, sulla veranda, sul tavolo della cucina: tutte le sere, e anche qualche mattina. Mio padre si svegliava, le accarezza vala pancia e mentre lei ancora dormiva prendevano a baciarsi.

Avrei ascoltato che cosa si diceva con Giulia, quando mio padre andava a Roma, a lavorare, e lei si sdraiava sul dondolo e parlava al telefono in vivavoce, libera, come senonci fosse nessuno ad ascoltarla. Einvecec’ero io. - Giulia, mi tradirà. -Ma non lo vediche è pazzo di gioia perla bambina? Ieri l’ho incrociato sotto il suo studio carico di pesche, perché di ceche tu mangeresti solo quelle edera così orgoglioso di essere andato da un fruttivend­olo incentro chepare ilmiglio rediRoma…

- Sì, certo…Adesso. Adesso è pazzo di gioia. Mami ha parlato in un modo strano di una nuova collega: io lo conosco… Filippovuo lestareal centro dell’attenzione e quando nascerà Tea sarà felice come non mai, però gli mancherà qualcosa perché lui è fatto così, non cambieràma­i…

Dopo tre mesi, sarebbe finito tutto: sarei nata.

Avrei scoperto che cos’è la luce, il freddo, il latte, avrei compiutoun anno, avrei vissuto la mia seconda estate, la prima fuori dalla pancia di mia madre e nel mondo, ne avrei vissuta un’altra, altre sei, venti, sarei arrivata a trentasett­e. Mia madre avrebbe continuato ad andare dalla sua psicologa, ma da sola. Da sola avrebbe telefonato a Giulia e da sola avrebbe fatto l’amore con mio padre. Da sola l’avrebbe tradito, per poi lasciarlo. E lasciare me, a cinque anni, con lui. Senza farsi mai più sentire.

Sarebbe diventata una donna diversa dalla donna che, quell’estate, si dondolava sulla veranda? Magari no. Sarebbe rimasta la stessa. Io comunque sarei diventatal­a donna che sono oggi. Una donna acui manca sempre un pezzo per sapere chi è e checosavuo­le.

Una donna che, per trovare quel pezzo, forse dovrebbe tornare a quell’estate: ma di quell’estate non può ricordare niente.

Una donna che cambia umore ogni giorno, maall’improvviso, quando arriva giugno, viene sempre investita da una specie di pace. E allora mangerebbe solo pesche.

Chi losaperché.

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