Corriere della Sera - Io Donna
COVER STORY. DIANE KRUGER
Se ne era andata da un paesino della Bassa Sassonia a 15 anni. Per fare la modella. Poi Hollywood le ha aperto le braccia. Finché uno dei registi tedeschi più impegnati le ha comprato il biglietto di ritorno a casa. Per raccontare UNA STORIA MOLTO DURA e contemporanea. Ve la immaginate lei “così perfetta e levigata” nei panni della moglie, tosta e tatuata, di un turco ex spacciatore?
Itedeschi non hanno perdonato a Marlene Dietrich di avere lasciato la Germania, figuriamoci se sono disposti a lasciar correre su Diane ». FatihAkin, il regista di Oltre la notte, il film che alla transfuga DianeKrugerè valso il premio come miglior attrice all’ultimo festival di Cannes, ricorda che quando azzardò con alcuni compatrioti di aver pensato al «volto che mosse mille navi», biondo oggetto del contendere di Troy, per il ruolo della madre vendicativa del suo film, si era sentito rispondere: «Ma non è nemmeno un’attrice! E poi è noiosa…». Facendo le debite proporzioni, Dietrich fuggì dalla Germania nazista, Kruger ha lasciato una piccola città della Bassa Sassonia per inseguire il sogno di fare la modella, di fatto sono approdate entrambe nello stesso posto: Hollywo- od. Lì Kruger si è fatta valere. Ha partecipato a molti film commerciali( Il miste rodei templari ), qualcuno d’autore ( Bastardi senza gloria), ha girato una serie tv di successo ( The
Bridge) e non si è più guardata indietro. Finché Akin, regista tedesco di origine turca, «target perfetto di attacchi xenofobi», e lo è stato davvero, come lui stesso rivela, l’ha richiamata inpatria. Per recitare, per la prima volta-dopo una carriera in inglese e in francese( e senza accento )- nella sua lingua madre. Le ha chiesto di essere Katja, una giovane donna molto tatuata e molto tosta, sposata a un turco( vediamo il matrimonio, celebrato in carcere, nel filmino familiare che apre il film) ex spacciatore, recuperato alla società come consulente legale per le comunità turca e curda di Amburgo. Quando un gruppo neonazi uccide il suo uomo e il loro bambino, Katja imboccauna strada senza ritorno. Negli ultimi vent’ anni ha guardato la Germania da lontano. Che effetto le ha fatto tornarci? Molto emozionante, e non solo perché sono tornata a casa, ma anche perché lavorare con Fatih ha voluto dire tornare all’adolescenza: i suoi filmsonostati formativiperme, per lamia coscienza politica. Da tedesca che vive all’estero, crede che la destra estrema stia guadagnando terreno inpatria? Imovimentifascisticomel’Nsu(Nationalsozialistischer Untergrund) stanno crescendo dappertutto in Europa e in America. Stiamo rivivendo una fase della storia in cui la paura è il sentimento dominante. In quanto tedescami vergogno per quello che sta succedendo nel mio Paese, ma mi vergogno anche di quellochevedo inAmerica, che è il Paesedovevivo, conlagreencard.
Fatih ha dichiarato a Variety che trale ragioni per cui l’ ha scelta c’ è il suoaspetto «davverotedesco, ariano, levigato e perfetto, bionda con gli occhi azzurri». L’ha scioccata? No, perché conosco bene il pregiudizio che gli uomini turchi hanno nei confronti delle ragazze tedesche. In Germania ci sono uomini turchi che amano pavoneggiarsi con donne come me come fossero trofei. Quello chemi ha scioccato è invece stato che Fatih abbia offerto a me il ruolo di una donna così dura. Non è il generedi parte chemi propongono di solito. Levigata e perfetta: forse per via del suo passato dimodella? Odi qualcuno dei ruoli che ho inter-
pretato: sono stata Elena diTroia… E Manohla Dargis, critica del NewYork Times, al tempo scrisse: «Troppo bella per qualunque ruolo di sostanza». Ha dimostrato che non era vero. Questo film mi ha davvero dato un’altraforma. Ehacoincisoconun momento di transizione personale, fino a quel momento avevo vissuto in una relazione per 10 anni (con l’attore americano Joshua Jackson,
ndr), mi ero chiusa. Quando si lascia una piccola città di solito è per fare cose grandi. Lei ha raggiunto i suoi obiettivi? Non sapevodi voler essereun’attrice quando ho lasciato laGermania. Ma sentivo che non c’entravo con il posto dove ero nata e cresciuta, mi sentivo un’outsider. A scuola non ero popolare, ero una ragazzina delicata, studiavo balletto classico, ma frequentavo una scuola che fino all’anno prima era stata tutta maschile. Ed eravamo solo 4 ragazze…
Èsopravvissuta. Edèpartita.
Mi piaceva studiare, ma in quella scuola stavo male. E stavo male a casa, la situazione in famiglia era tesa. L’unico sfogo era la danza, mi sembrava, ballando, di potermi esprimere ed essere in qualche modo ricompensata per gli sforzi che facevo.
È felice di dove è adesso?
Sono sempre in cerca, non mi sentomai arrivata in un posto comodo a sufficienza da fermarmi, mettere sufamiglia, averedeibambini. Non èmaisuccesso, quindinonmi resta che andare avanti nel cammino, ma mi pia ceche sia così. Restando apertaaquel che arriva.