Corriere della Sera - Io Donna
PULP (NOT) FICTION
Emanuela Piantadosi ha 51 anni. Suo padre era un maresciallo dei carabinieri. Fu ucciso il 15 giugno 1980 con un colpo alla nuca da un pluriomicida che aveva fermato per accertamenti. «Vivevamo in caserma e da un giorno con l’ altro siamo dovuti andare via, di punto in bianco ci siamo trovati senza più la figura di riferimento della famiglia. Per un anno mio fratello che aveva soltanto 5 anni non ha più parlato». “Vittima del dovere”, come centinaia di altri poliziotti, carabinieri e finanzieri ammazzati mentre servivano lo Stato. Nel 2007 Emanuela ha creato un’associazione per tutelare i loro familiari. Ma dieci anni non sono stati sufficienti per farle vincere la battaglia che porta avanti con determinazione: ottenere quel risarcimento di 500 euro almese già previsto per le vittimedel terrorismo. «Noi familiari proviamo tutti lo stesso dolore, ma la disparità di trattamento ci ferisce», ha sempre detto. Il governo aveva promesso che sarebbe intervenuto con una norma nella legge di Bilancio. Era stato individuato il fondo da cui attingerei soldi. Addirittura sie raparlat odi un miliardo e mezzo di euro.
E invece nulla è stato fatto. Vuol dire che per ottenere l’ indennizzo gli invalidi, ma anche i parenti di chi è stato ucciso, dovranno continuare a fare causa allo Stato. E la delusione di Emanuela si trasformain rabbia.
Le sue parole sono taglienti. «Siamo sconvolti, umiliati e offesi per questo diniego di giustizia. Sono oltre 250 le cause che abbiamo vinto in questi anni e per questo avevamo chiesto che l’elargizione diventasse automatica ». Le conseguenze sono evidenti, Emanuela le rende esplicite: «Le nostre famiglie dovranno continuare a questuare legittimi diritti presso i tribunali, obbligate a un giudizio contro quello stesso Stato per cui i nostri cari hanno dato la vita. Siamo stati ignorati e questo è uno schiaffo che riteniamo inaccettabile »..