Corriere della Sera - Io Donna

STEFANIA DIDONE

Ha lasciato il “piccolo mondo” da dirigente ed è partita in cerca di LIBERTÀ. In barca, con il paracadute. E aspettatel­a alla prossima

- di Valentina Ravizza

Voleva la leggenda, sin dai tempi delle Repubblich­e marinare, che la bellissima polena fosse la prima e l’ unica donna a bordo della nave. Ma Stefania Didone, skippe re armatrice, non è superstizi­osa e con la sua L etici ado sol, il veliero del 1958 che ha restaurato insieme al compagno, vanta diversi podi e vittorie nelle regate d’ epoca del Mediterran­eo, co mela Corsica Classi c che ogni anno fa il giro dell’ Î lede Beauté. «C’èmolto piùmaschil­ismo nelmondo del lavoro» assicura, specie nel suo: laureata in Ingegneria al Politecnic­o di Milano« quando ancora non c’ erano neanche i bagni per donne», oggi aiuta azien deitalia nea vendere all’ estero e aziende asiatiche a vendere in Italia. Lei che aOriente c’ era già volata per l’ altra grande passione, il paracaduti­smo, sempre inseguendo il desideri odi« uscire dal miopiccolo­mondo».

Come uscita è un po’ estrema, non crede?

(ride) Avevo bisogno di una sfida personale! Archiviata l’ università, dopo otto annidi lavoro ero dirigente, che in Italia per una 32 enne è una cosa abbastanza difficile, e quindi sentivo di aver messo alle spalle tutti gli obiettivi chemi eroposta. Un giorno, atterrando conun aereo privato in un piccolo aeroporto, vidi scendere alcuni paracaduti­sti e fuamore aprima vista.

Da lì alle competizio­ni italiane e internazio­nali il passo non è breve.

Per 10 anni ci ho dedicato ogni mio momento libero, arrivando a fare 10 salti o 10 round nella galleria del vento al giorno. L’emozione più grande è stata d iv entarejump­m aster degli allievi: insegnare agli altri a volare, vederli lanciarsi da soli dopo quattro o cinque salti insieme è una soddisfazi­one incredibil­e.

E la paura più grande?

Mi è capitato che il paracadute si aprisse male e quindi di doverlo sganciare per usare quello d’emergenza. Oppure di prendere un calcio involontar­io da un compagno in uscita dall’ aereo e vedere tutto nero per un attimo, quando scendi a 180 chilometri­orari nonè ilmassimo… Però sono convinta che sia uno sport sicuro, nel rispetto delle regole.

Per un incidente qualche anno fa ha perso però il suo compagno di squadra e di vita Gualtiero Rinaudo.

È stato uno stop importante, perché ho perso uno dei miei punti di riferiment­o. Per lui ho aperto una onlus che finanzia il Centro traumatolo­gico ortopedico di Torino, ma grazie a luimi sono anche avvicinata alla vela.

Sempre alla ricerca dell’adrenalina?

È diverso. Stare in mezzo al mare è co mestare inmezzoalc­ielo: perdi i punti di riferiment­o, e poi ritrovi te stesso quandotocc­hi terra.

La prossi mas fida?

Ho adocchiato una nuova barca, più grossa e più vecchia, da risistemar­e, che andrebbe portata qui dal Canada attraversa­ndo l’ Oceano. Però prima devo trovare qualcuno che s’ innamori della L etici ado Sol: non la vendo se non sono sicura che l’ acquirente non la voglia modernizza­re. Nel cassetto però c’ è anche il sogno di prendere il brevetto da elicotteri sta. Mi manca tanto l’ aria…

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Stefania Didone, skipper e armatrice, durante la regata Corsica Classic del 2017.
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