Corriere della Sera - Io Donna
VENEZIA DIETRO LAMASCHERA
Casanova amava le feste senza fine, Montesquieu rifletteva sulle maschere, per lord Byron era come un sogno. Il CARNEVALE IN LAGUNA attraversa i secoli. E come ogni anno rinnova l’appuntamento con gli eventi più prestigiosi. Uno storico ci spiega perché travestirsi non perde mai il fascino
Nelle notti del prossimo Carnevale i lampi deis elfi e sostituiranno quelli delle tor ceche da secoli hanno illuminato il più celebre Carnevale d’Europa, che ai tempi di Tiepolo si estendeva per seimesi. «Venezia ha raccolto tutta la felicità che c’è sulla terra» sosteneva Giacomo Casanova che amava quelle feste senza fine in cui chiunque poteva osare tutto senza timore di essere riconosciuto .« A Venezia» diceva l’ illuminista Montesquieu« la maschera non è un travestimento ma un incognito». Un tabarro lungo fino ai piedi nascondeva l’ abito e quindi la condizione sociale. «La più grande nobiltà, la plebe più vile, e i delatori più insigni» si mescolavano grazie alla ba ut a, la maschera per eccellenza, composta da tre elementi: il tricorno, da cui scendeva una mantellina di seta nera e la maschera vera e propria di carta odi seta. Sotto il naso, lamaschera si allungava inunbecco che rendeva possibile non solo mangiare e bere, ma anche modificare la vocedi chi l’indossava. Privilegi assenti per le molte donne che preferivano la più vezzosa moretta, detta anche la Muta, unamaschera ovale di velluto nero che copriva la bocca impedendo loro di parlare, rendendole ancora piùmisteriose. Tanto era più che eloquente l’ ampia scollatura“alla veneziana ”, appena velata da un tessuto trasparente. Il costume prediletto del più celebre seduttore del Settecento era quello da Pierrot .« Non c’ è costume più adatto a nascondere le fattezze di un individuo. L’ ampiezza dell’abito, lemaniche lunghe e larghissime e gli ampi pantaloni» erano perfetti per dissimulare la corporatura e Casanova l’aveva adottato per fare visita a due monache molto attraenti durante uno di quei balli che si svolgevano nel parlatorio del convento .« Ero sicuro chele mie due belle amanti sarebbero state alla grata ed avrei avuto il piacere di vederle e di confrontarle da vicino» senza esserne riconosciuto. Il rilassamento dei costumi a Venezia era un fatto ben noto. Il presidente Charles deBross es( politico francese del ’700, presidente del Parlamento di Borgogna, ndr) diceva: «In nessuna città la licenza regna più sovranamente». Le monache, osservava, si travestivano da cortigiane opersinodauomini. Unaltrogrande seduttore, lordByron, erastatoasua volta sedottodaVenezia edal suocarnevale. «Tuttodi Venezia è straordinario, il suo aspetto è come un sogno, e la su astoria è un romanzo ». Amante dei piaceri, si era immerso nella folla mascherata che gremiva le calli .« In quest’ ultima settimana non ho dormito in tutto neppure un’ ora perché siamone gli ultimi giorni del famoso Carnevale».
Ma quei lunghi vagabondaggi notturni gli avevano procurato un attacco di malaria. E una sera aveva dovuto affrontare le conseguenze della gelosia della sua
Il rilassamento dei costumi era un fatto ben noto: “In nessuna città la licenza regna più sovranamente” diceva Charles de Brosses
La marchesa Casati arrivò dal mare, con i ghepardi. In definitiva come asseriva Nietzsche “tutto ciò che è profondo ama la maschera”
amante, la Fornarina. Quella bellissima popolana di vent’ anni aveva fatto irruzione a un grande ballo pubblico e aveva strappatola maschera di una nobildonna« che aveva l’ unico torto di appoggiarsi al braccio» del lord. Un gesto proibito che aveva scatenatole reazioni del pubblico, senza riuscire a calmare la F ornarin a che« aveva il temperamento di Medea e la forza di un’amazzone».
Il ballo mascherato del teatro della
Fenice era molto apprezzato dai viveur, come oggi il Ballo del Doge che si svolge nello storico palazzo Pisani Moretta, lungo il CanalG rande. Ma anche i balli privati risvegliavano la curiosità dei veneziani. Quelli della marchesa Casati erano dei trionfi. Poco prima dello scoppio della guerra mondiale la Divina Marchesa era riuscita in un’ impresa quasi impossibile, farsi affittare piazza San Marco. Lì sie ra tenuto il celebre ballo Longhi in costume settecentesco al bagliore dei candelabri tenuti da duecento servitori in parrucca incipriata. I costumi della Commedia dell’Arte si mescolavano a quelli disegnati dallo scenografo dei BallettiRussi, LéonBakst. Gli invitati, avididi tessuti preziosi, avevano svuotato il laboratorio diMariano Fortuny. Ma l’apice della serata fu quando la Casati arrivò dal mare sulla sua gondola, scortata da un’ imbarcazione piena di suonatori. Il mantello di pizzo nero contrastava con l’ immane gonna di raso dorato, in armonia con il mantello dei due ghepardi che la seguivano ovunque.
Non c’era limite ai travestimenti della marchesa. Anche la nudità era per lei un costume. Poteva passeggiare tranquilla in piazza SanMarco completamente nuda sotto una folta pelliccia, illuminata dalla torcia di un servitore nero fastosamente abbigliato, spiegando candidamente :« I oso nola Verità !». In de_ finitiva, come asseriva Nietzsche ,« tutto ciò che è profondo amala maschera ».