Corriere della Sera - Io Donna
WILLEM DAFOE
Ha interpretato buoni, cattivi e personaggi dei fumetti. In produzioni indipendenti e per i blockbusters. Adesso, nel film che per il New York Times è il migliore dell’anno, è UN MANAGER UMANO E GENEROSO. Che lo ha commosso. E che un po’ gli assomiglia
Ho ancora vivido il profilo del suoGesù, sofferto, quasimasochista in L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese - era il1988, pernonparlare del suoBobbyPeru, viscido, agghiacciante, in Cuore selvaggio. O delmarito ossessivo/disperato in L’Anticristo di Lars von Trier. Più di recente mi ha divertito vederlo giocare coni personaggi dei fumetti: èstat otre volte Gobl in in Spider man. Trent’anni diruoli traipiùdisparati, coraggiosi, alcuni indimenticabili. Ealtrettanti di teatro sperimentale. W il le mD afoe sembra aver passatola maggior parte della vita sui set o in palcoscenico. Se uno pensa agli attori delle vecchie compagnie itineranti, lui ne è l’ incarnazione ideale: con la suamaschera da commedia dell’arte può essere giullare, santo, canaglia, a suo agio nelle piccole produzioni indipendenti eneiblockbusters hollywoodiani: il suo prossimo film sarà A qua man, basato sui fumetti della DC comics(l’ editore di Bat mane Superman ), budget 160milioni di dollari. Con Un sogno chiamato Florida
(diretto da SeanBaker e per il New
York Time s il miglior film dell’anno ), l’ atto redi P lato on ha conquistatola terza nomination all’ Oscar. Nel filmèBobby, manager di unmotel scalcagnato in unmiserabile quartiere della Florida non lontano da DisneyWorld; a frequentarlo sono tanti hidden homeless, non proprio senzatettoma persone che comunque non possono pagarsi l’affitto di un appartamento.
Sposato dal2005c on laregis tait aliana Giada Cola grande,l’ attore vive tra Roma egli Stat es. Oggi sfoggia una bar bacon due baffi più chiari del solito: lihaadottati, dice, perilruolo di Vincent vanGogh in At Eternity’s
Gate,l’ ul timo film diJulianSchn abel. È rilassato e sorridente.
In Un sogno chiamato Florida è circondato da bambini, innocenti bricconcelli che devono imparare a cavarsela da soli. Lei eraunbambino modello o un monello? Sono nato in una famiglia numerosa - settimo di otto tra fratelli e sorelle - e dovevo sempre difendermi da loro, che mi spintonavano se non gli tenevo bordone ( ride). Dato
cheimieigenitori lavoravano, però, ero piuttosto libero: c’era in me un piccolo Huck Finn a caccia di guai. Sono cresciuto in una cittadina industriale nelWiscons in: mi animaval’ idea che ci fosse un mondo più grande, oltre, e dovevo trovarlo.
La realtà raccontata da Un sogno chiamato Florida, una società in frantumi che vive ai margini del consumismo più sfrenato-il regno Disney-lascia l’ amaro in bocca. È vero, il filmmostra una fascia di popolazione che non ha nessun supporto sociale, né assistenza pubblica, e deve arrangiarsi alla meno peggio. È sempre stato un problema in questo Paese, ma ora sembra esacerbato: si investe di più nelle prigionie nella polizia che nell’ istruzione, nella sa luteo nelwelfare. Non si vuole accusare nessuno, per carità, ma mi ha commosso in questo filmvedere come il benessere di ogni persona sia legato a quello di un’altra. È una questionemorale, ma anche pratica. Se vivi in una comunità minata, con un osti ledi vita precario, è inevitabile cheti trovi ad affrontare comportamenti criminali. Se vuoi fermare questo ciclo pericolo sodevi aiutare quella gente. Sapeva di questa realtà, da ragazzo? No, sono cresciuto in un ambiente middle cl ass,c on mia madre infermiera e mio padre chirurgo, una persona colta e competente che avrebbe potuto benissimo avere il suo studio in Park Avenue ma era un ragazzo di campagna e in campagna era voluto ritornare, a lavo- rare in una cittadina di 50mila abitanti. Papà veniva da una grande famiglia all’antica e conservatrice, tutti repubblicani convinti, pro-Nixon, nella tradizione degli anni ’50 diEisenhower. No, nonmisonomai sentito ricco ma neppure povero. E se in città vivevano dei ragazzi poveri, di loro non sapevo nulla. Mai stato in un motel come quello del film? Certo, ne ho visti quando avevo 17 anni e giravo con la compagnia di teatro, recitando in tre show al giorno. Ne ricordo uno, in particolare, si chiamava South Eu cl id, e ranella parte dura di Cleveland, inOhio, e quella notte non chiusi occhio per il terrore ( ride). Ne succedevano di tutti i colori in quelle camere... Quando ha deciso di fare l’attore? Sono cresciuto in un ambiente“pesante ”, condizionato da regole ferree edallapauradiDio; sentivochecome sistema non funzionava. Quando iniziai a fare teatro sperimentai la povertà, vivevo in quartieri poco raccomandabili. Un’esperienza che miaprìgli occhiecambiò lamiavisione politica. Comecominciò a recitare? Nei piccoli teatri dellamiacittà, ma pensavo che sarebbe stata un’ occupazione temporanea. Ogni volta che ero sul palco ero certo che fosse l’ ultima. È strano: mai avuto il sogno di diventare attore, eppure amo recitaree credo sia ciò che devo fare. Lei ha una carrri era curiosa: Scorse se la scelse per il suo Cristo, eS eanBaker ,30 annido po, l’ ha voluta nel ruolo del manager altruista. Più volte, però, le è stato chiesto di interpretare il cattivo. Ogni voltami incurioscisce come i registi mi vedono. Pensosi a bello essere versatili: eviti di ripeterti. ConBakervi sietecapiti subito? Se an rimase sorpreso quando accettai un filma basso budget in cui dovevo recitare con bambini non professionisti in un brutto motel. Mai o non sono un carrierista. Quando poi ho visto Florida ho provato orgoglio per ilmio personaggio così umano, sopraffatto da situazioni dure e difficili. E mi ha commosso, perché la gentilezza profonda per l’altro mi commuovesempre. Èlacosachepiù mi ispira, e - sì - mi rende felice.
“Quando iniziai a fare teatro sperimentai la povertà, vivevo in quartieri pericolosi. tn’esperienza che mi aprì gli occhi”